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Hockey | 29 dicembre 2024, 08:00

TESTIMONI DELLA STORIA «In maggiolone tra montagne di neve per mille chilometri: 29 anni fa assistemmo da soli al miracolo sul ghiaccio della Shimano Varese»

Nel giorno del 29° anniversario del trionfo europeo targato Mastini, il solo per l'Italia dell'hockey, gli unici due tifosi varesini presenti in Slovacchia alla finale di Trencin, Flavio Terminiello e Gian-Marco Meneghin, raccontano una trasferta romanzesca: «Dormimmo in auto a -20 gradi nei sacchi a pelo, un camionista bussò ai finestrini per vedere se eravamo vivi. L'incoscienza fece la differenza contro i giganteschi russi che avrebbero dovuto schiacciarci, come l'Urss con gli Usa in "Miracle on ice". Tornammo con la stecca di De Santis legata al bagagliaio e in dogana ci fermarono per chiederci l'autografo»

Schegge di storia: a sinistra Gian-Marco Meneghin e Flavio Terminiello, qui sopra sono gli ultimi due a destra in panchina il 29 dicembre 1995 a Trencin dopo il trionfo della Shimano nella Federation Cup, sotto il biglietto d'ingresso delle finali e a destra gli eroi dell'unica squadra italiana di hockey su ghiaccio trionfatrice in una coppa europea

Schegge di storia: a sinistra Gian-Marco Meneghin e Flavio Terminiello, qui sopra sono gli ultimi due a destra in panchina il 29 dicembre 1995 a Trencin dopo il trionfo della Shimano nella Federation Cup, sotto il biglietto d'ingresso delle finali e a destra gli eroi dell'unica squadra italiana di hockey su ghiaccio trionfatrice in una coppa europea

Vivere per l'hockey: se c'è un significato per queste tre parole, lo trovate qui.

Bastano l'incoscienza dei vent'anni, la passione di una vita per il Varese e l'amicizia per partire con la sciarpa della Gioventù Giallonera al collo, superare montagne di neve e dogane e percorrere mille chilometri su un Maggiolone per arrivare da Varese a Trencin, in Slovacchia, dove il 29 dicembre 1995 la Shimano scrisse il "miracle on ice" varesino, unica squadra italiana nella storia a imporsi in una coppa europea, la Federation Cup: è l'emozionante e romanzesca avventura mai raccontata degli unici due tifosi varesini al seguito dei gialloneri che abbatterono l'orso russo del Metallurg Magnitogorsk. 

L'impresa di Flavio Terminiello e Gian-Marco Meneghin non è stata meno leggendaria di quella dei giocatori guidati da Paul Theriault ed è l'esempio massimo di come possa sopravvivere e tramandarsi la ricetta segreta dell'eterna magia di una maglia e di quei due colori, il giallo e il nero, che solo a guardarli fanno arrivare il cuore in gola. 

Dai tifosi slovacchi, «che non ci hanno permesse di pagare nulla, neppure una birra, offrendoci tutto per giorni», al mito - in questo caso falso - del sergente di ferro Theriault, «che ci ospitò in panchina prima della finale, un signore con noi più che un despota», dal miracolo sul ghiaccio contro i mastodontici russi, «alti e larghi il doppio di noi», al salvataggio del magazziniere giallonero «semi assiderato e attaccato ai caloriferi del nostro albergo» e al ritorno con la stecca di Frank De Santis legata con lo spago al bagagliaio del Maggiolone: «Ci fermavano alla dogana e, pensando che fossimo giocatori, ci chiedevano gli autografi»: aneddoti memorabili, pieni di slanci, coraggio e un pizzico di follia, che vanno solo ascoltati.

«Siamo partiti il pomeriggio del giorno di Santo Stefano con un Maggiolone Cabrio del '78 - raccontano Gian-Marco e Flavio - abbiamo trovato una tempesta di neve in Austria, fermandoci a dormire nei sacco a pelo stesi sui sedili dopo aver parcheggiato in una piazzola di sosta a Klagenfurt, a metà strada: fuori dall'auto c'erano 30 centimetri di neve e -20 gradi. All'alba siamo stati svegliati da un camionista che bussava ai finestrini, ricoperti da due centimetri di ghiaccio, per vedere se eravamo vivi».

Mani sul tubo di scarico per riscaldarsi, prima di ripartire: viaggio a 70 all'ora («Ci superavano anche i camion, ma il Maggiolone a trazione posteriore che avanzava sulle corsie ricavate nel ghiaccio e nella neve non ci tradì, sembrava avere il pilota automatico») con l'arrivo a Trencin tra «moltitudini di ragazzi che giocavano a hockey sulle strade ghiacciate e i cuscini legati con lo scotch a mo' di gambali».

Prima della semifinale ecco i due cuori gialloneri, «con la sciarpa dell'Armata e la maglia del Varese», varcare la soglia del pub dei tifosi del Dukla Trencin. Problemi? «Il contrario. Sono stati fantastici: nei tre giorni passati assieme ai ragazzi della curva di casa, tra un giro e l'altro di Borovička per scaldarsi, non siamo riusciti neppure a toccare il portafoglio, se non per pagare il biglietto al palaghiaccio ma solo perché volevamo conservarlo. La semifinale del 28 l'abbiamo vista insieme a loro nel palaghiaccio stracolmo, compiendo la prima impresa e battendo il Dukla ai rigori. Unica altra presenza italiana, a parte il giornalista Antonio Triveri e lo staff giallonero, quella di quattro ragazze del Milano tifose di Chitarroni, che lo seguivano ovunque».

L'eroe del manipolo varesino fu «il portiere Mario Brunetta, insuperabile, anche se Mansi, Camazzola e tutti gli altri hanno compiuto il miracolo assieme. In finale Theriault, che sembrava brillare di un carisma magnetico, ci ha accolto sulla panchina del Varese dopo averci visto con le maglie giallonere del vecchio sponsor Merlett Tecnocplastic».

La finale si svolge in un ambiente surreale, con un centinaio di tifosi russi più «noi due»: «Una battaglia epica e interminabile. Ci sembrò di assistere a "Miracle on ice", ma al posto degli Usa che con dilettanti e giocatori universitari batterono l'Urss e vinsero l'oro alle Olimpiadi dell'80 a Lake Placid, c'erano i Mastini. I russi erano enormi, velocissimi, tecnici, ma quella del Varese fu la partita della vita, tre volte in rimonta prima del 4-3 di Camazzola. I nostri festeggiamenti per la coppa? Offrimmo da bere a tutti in discoteca a Bratislava, usando i soldi che non ci avevano lasciato spendere i tifosi del Trencin».

Incoscienza forse fu la parola chiave («ma anche uno sguardo benevolo del cielo»), come quella della trasferta di Flavio e Gian-Marco. Una storia da non credere, eppure vera e indimenticabile che, vissuta in un'era senza telefonini né social e in un luogo lontano da tutto e tutti, resiste ancora oggi nei racconti e nelle parole tramandate dagli unici due tifosi presenti. Testimoni della storia. 

29 DICEMBRE 1995, FINALE FEDERATION CUP
Shimano Mastini Varese-Metallurg Magnitogorsk 4-3
Parziali: 1-2, 1-1, 2-0
SHIMANO: Brunetta, Mazzoli; Biafore, Circelli, Camazzola, Catenaro, De Santis; Montanari, Figliuzzi, Mansi, Bortolussi, Chitarroni, Zanatta, Busillo, Orrigoni, Scapinello, Olivo, Merzario. All. Theriault.
Marcatori: pt. 12'20" Razin (5-4), 15'16" Zanatta (5-3), 18'42" Koreshkov E. (4-4); st. 10'56" Mansi, 18'31" Borodulin; t.t. 0'49" Mansi, 7'15" Camazzola (5-3).

Andrea Confalonieri


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