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Busto Arsizio | 07 ottobre 2024, 15:46

Notte al Pronto Soccorso di Busto: l’esperienza di un pensionato fra luci, poche, e ombre

La testimonianza è l’ennesima, piccola tessera in un puzzle enorme, quello del dibattito sulla capacità, da parte della Sanità pubblica, di mantenere il livello dei propri servizi con un numero adeguato di medici e infermieri. «La sensazione – il pensiero dell’utente - era di abbandono e rassegnazione»

L'ingresso del Pronto Soccorso di Busto

L'ingresso del Pronto Soccorso di Busto

Sensazione di abbandono: sono le parole che un pensionato finito al Pronto Soccorso di Busto Arsizio nella serata di ieri, domenica 6 ottobre, utilizza per descrivere la sua esperienza. «Una volta lì ho chiesto informazioni per farmi un’idea del tempo che avrei dovuto aspettare. Stando a quanto mi è stato riferito dal personale, avevo davanti a me pochi pazienti, tre o quattro. Mi hanno anche fatto presente, però, che poteva essere necessario rivedere persone già visitate. Dall’unico medico in servizio. Guardandomi intorno, ho fatto qualche calcolo. Tra quelli che già c'erano e quelli che sono arrivati, 50 pazienti circa. E un medico. Com’è possibile?».

La testimonianza, non l’unica, si inserisce nell’ormai lunghissimo dibattito che, dalle chiacchiere spicciole agli alti livelli istituzionali, riguarda la Sanità pubblica, la sua capacità di reclutare medici e infermieri in quantità tale da garantire il livello dei propri servizi.

Tornando al caso specifico, e facendo il classico passo indietro: il signor Giovanni, il nome è di fantasia, pensionato, vive a Busto. Incappa in un doloroso incidente domestico, infortunandosi a un piede. Viene accompagnato da un amico al Pronto Soccorso, dove arriva intorno alle nove di sera. «Mi hanno preso in carico più o meno alle 22. Ma ho continuato ad aspettare. Dopo tre ore, quando ho fatto presente che il male al piede era fortissimo, ho avuto del ghiaccio. Mi hanno visitato dopo quattro ore e mandato a fare un Rx. Sono rimasto in ballo fino alle 3 del mattino, 7 ore, poi mi hanno detto di tornare oggi (lunedì, Ndr) alle 11. Nel frattempo avevo detto al mio amico di tornarsene a casa, mi sono fatto passare a prendere da mio figlio, intorno alle 4».

Secondo capitolo: «Oggi mi sono presentato con qualche minuto di anticipo. E mi sono sentito dire: si metta qui fuori e aspetti. Ma come?! Ho rispettato l’orario, perché devo aspettare ancora? Fortunatamente i tempi, questa volta, sono stati accettabili, alle 11.30 mi hanno chiamato. Tre fratture e fasciatura».

A stupire il signor Giovanni è soprattutto, non esclusivamente, l’esperienza notturna: «C’era rassegnazione. Nessuno si stupiva per la sproporzione tra numero di pazienti in attesa e personale in servizio. Anche questa mattina, comunque, si percepiva qualche difficoltà nel gestire la situazione». Note positive? «Una: erano tutti tranquillissimi. Sarà stata la presenza, percepibile, della sorveglianza, sarà lo spirito di adattamento… E anche il personale, soprattutto ieri sera, si è dimostrato gentile, attento. Ma qualcosa non va, è evidente».

S.T.

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