Pensi di essere tu a “studiare” lui, ma in realtà è lui a studiare te.
Sono gli occhi a “tradire” Gaber Glavic. Il sorriso e i modi sono cordiali, amichevoli, l’approccio è giovanile e simpatico, ma alla formulazione di ogni domanda i suoi fori si contraggono fino a diventare delle piccole mezzelune. Sono lì ad aspettarti, come a dire «vediamo dove arriva…».
No, dietro non c’è diffidenza, quanto invece esperienza, dei massimi sistemi hockeystici come della vita. E anche una sorta di “shining” mediterraneo, che appare e scompare tra brani di rigore balcanico.
In fondo lo ammette anche lui: «Gli sloveni sono diversi da tutti gli altri slavi, sanno trovare soluzioni estemporanee…». Serviranno anche quelle, in una stagione che si annuncia lunga e perigliosa e che, per ora, il nuovo condottiero dei Mastini non vuole star troppo a vaticinare. Come sarà il Varese che sabato torna in pista in via Albani alle 18.30 per la tosta amichevole contro il Bellinzona? Quali saranno gli avversari più temibili? Per l'allenatore 46enne nativo di Jesenice non è il momento né di rispondere, né di promettere. Salvo che questo: «Lavoreremo duro, non mi piace perdere».
Prime impressioni varesine, coach?
Tutto, dalla città all’organizzazione, è davvero godibile. C’è un’energia positiva qui, l’ho sentita quando sono venuto la prima volta e non avevo ancora deciso se accettare o meno l’offerta della dirigenza: per me sono sensazioni importanti. La città non l’ho ancora visitata bene e devo trovare il tempo per fare qualche giro, ma per quel poco che ho visto mi piace.
Le prime parole di Devèze quando tornò a Varese furono: «Voglio chiudere il cerchio», intendendo riportare i Mastini davanti a tutti dopo 27 anni. Quelle di Czarnecki furono: «Voglio difendere i titoli conquistati e immergermi in una cultura diversa». Lei perché è qui?
Prima di tutto ripeto quello che ho appena detto: sono qui perché ho trovato un ottimo ambiente. Poi perché ho deciso di accettare una sfida, lasciando il mio Paese, dove ho vinto tutto quello che c’era da vincere (il campionato sloveno, la coppa slovena e l’Alps). Volete una frase anche da me? Bene, allora scrivete questo: “Sono qui perché non mi piace perdere”. Dove queste parole mi e ci porteranno non lo sa nessuno, oggi come oggi, ma io e la mia squadra daremo il 110%. Prometto solo una cosa: lavoreremo duro.
Squadra: i giovani sono gli stessi dell'anno scorso, che hanno giocato poco o a tratti anche perché infortunati (Crivellari, Fanelli, Perino, Allevato), il gruppo di senatori è lo stesso, sono stati sostituiti gli stranieri (Makinen e Kuronen per Naslund e Majul), è tornato Franchini per Pietroniro, è arrivato Matonti per Vignoli e sono stati presi altri giovani come Filippo Matonti, Ghiglione e Fornasetti. Questo insieme basterà per provare a vincere?
Non è la domanda giusta per me, almeno ora come ora, perché ancora non conosco gli avversari. Di sicuro, però, mi tengo stretto questo gruppo, perché mi piace fin dal primo giorno, mi piace la predisposizione che i giocatori hanno messo nel lavoro fino a oggi, mi piacciono le risposte che danno a miei stimoli, si vede che sono persone intelligenti. È già tanto… Abbastanza per vincere? Non lo so ancora, lo capirò dopo la prima fase.
Quindi non le possiamo nemmeno chiedere quale squadra considera favorita per vincere il campionato? Il Caldaro e l'Appiano sono più forti di un anno fa, l'Aosta è molto forte e l'anno scorso non c’era, e anche Feltre e Fiemme sembrano essersi rinforzati…
So solo che Varese è di sicuro una delle favorite… Dite che nei pronostici sia dietro il Caldaro? Vedremo…
Lei ha vinto l'Alps a Jesenice nel 2022/23 e nessuno l'avrebbe pronosticato: con quali armi e come ha fatto a firmare quel "miracolo"?
C’è sempre stata grande energia nello spogliatoio di quella squadra, fin dall’inizio. Abbiamo fatto un’ottima preparazione, sia fisica che tattica, lavorando tanto: è la stessa cosa che accadrà a Varese, lo prometto. In quella stagione con Jesenice siamo andati avanti giorno per giorno e ci siamo tolti di dosso la pressione di chi diceva “dovete vincere”: abbiamo lasciato che la gente parlasse, concentrandoci solo su noi stessi. Questa è stata la formula vincente. Abbiamo fatto il record della lega, perdendo solamente nove punti nella regular season e solo due partite in tutti i playoff, in finale. Non è stato facile, ma la squadra era davvero forte, fisicamente e mentalmente. Ci trovavamo sotto 2-0 in una match? Bene, lo ribaltavamo vincendo 3-2…
In quel roster aveva 7 ragazzi nati nel "2006"... Qual è il segreto per ottenere il massimo dai giovani?
Bisogna dar loro un ruolo vero all’interno della squadra: devono potersi sentire utili ai compagni per rendere davvero. Tutti possono portare qualcosa alla causa, dentro e fuori dal ghiaccio.
Della Slovenia o, meglio, del popolo slavo sloveno, che è diverso da tutti gli altri slavi, lei cosa porta a Varese?
Sì, noi sloveni siamo diversi. Siamo molto organizzati, ma abbiamo quel qualcosa di mediterraneo che ci permette di trovare una soluzione estemporanea quando è necessario. La mentalità slovena è quindi un mix tra questo e il saper fare le cose con disciplina e abnegazione. Porterò questo.
E su Jesenice, la sua città natale, cosa ci dice?
Jesenice è quella che si definirebbe un “hockey city”, ha grande tradizione in questo sport, la migliore della Slovenia, anche se la maggior parte dei titoli conquistati risalgono al passato. Quando abbiamo vinto l’Alps avevamo il terzo budget più basso dell’intera lega: gli austriaci e gli italiani ci chiedevano come avessimo fatto ad arrivare primi con così pochi soldi…
Suo figlio, portiere di 18 anni, è un prospetto per essere draftato NHL: cosa ha preso da lei?
Penso sia un portiere migliore rispetto a me nelle previsioni che fa quando è sul ghiaccio. Ha il fisico, è intelligente e, a differenza mia ma anche di tutti i portieri della vecchia scuola, ha più informazioni da sfruttare. Una volta esistevano solo le videocassette, ora puoi trovare di tutto online e puoi davvero, se lo vuoi, migliorare te stesso. Lui si dedica molto a questo: vedremo cosa accadrà con l’NHL, io sono qui solo per aiutarlo.
La prima cosa che ha detto a Perla, da ex portiere a portiere, qual è stata?
Non abbiamo ancora fatto una vera discussione tra portieri, ma solo qualche chiacchiera in generale come con tutti gli altri. Sono sicuro che presto avremo l’occasione di parlare “da portiere a portiere”. C’è anche Davide (Bertin, ex Mastino e oggi preparatore dei portieri gialloneri ndr) che segue molto sia lui che Pippo (Matonti) e Leo (Mordenti): il nostro obiettivo è cercare di farli rendere al meglio giorno dopo giorno.
Segue o le piacciono altri sport oltre all’hockey?
Mi piace giocare a tennis e mi piacerebbe farlo anche qui a Varese: trovatemi qualcuno con cui giocare, per favore!