Chiara Robustellini nata a Varese il 30 giugno 2003, inizia a giocare nel Gavirate: giovanissima passa ai colori nerazzurri e cresce nel settore giovanile femminile dell'Inter.
Dopo tanto impegno e sudore, dal 2022 è entrata a fare parte della prima squadra esordendo, l'11 settembre 2022 nel ruolo di difensore, contro la Juventus ed è anche una giocatrice della nazionale femminile.
Abbiamo incontrato Chiara in un bar e davanti ad un caffè è nata una chiacchierata sulla sua storia sportiva e personale, sul calcio femminile, con un occhio sul presente e sul futuro.
Chiara, hai iniziato sin da bambina a giocare a calcio. Com'è nata questa passione?
Ho iniziato a giocare fin da subito con i miei due fratelli più grandi e i loro amici. Loro e papà giocavano a calcio e quindi è grazie a loro che ho iniziato ad avere la palla tra i piedi già a 3 anni.
Quali ricordi hai dei tuoi primi campionati del settore giovanile?
Ricordo i miei primi anni nel settore giovanile dove ero praticamente l’unica ragazza in squadra e li ho vissuti davvero benissimo perché ho avuto la fortuna di avere sei compagni (ora amici) che mi volevano un bene infinito e mi difendevano sempre. Ci sono stati aneddoti molto simpatici con loro ma quegli anni giocando per il Gavirate Calcio sono stati davvero fantastici, la mia seconda casa.
Com'è avvenuto e com'è stato il passaggio all'Inter?
Quando invece sono passata all’Inter (dove poi ho giocato in Under 17 e Primavera) era tutto molto diverso e molto più “professionale”, ci ho messo un po’ per abituarmi ma poi è andato tutto a gonfie vele arrivando fino in prima squadra (questo è il mio terzo anno in Serie A). Ho vissuto moltissime esperienze che non dimenticherò mai e fanno parte del mio cassetto dei ricordi di questa mia vita calcistica.
Quali sono state le persone che ti hanno maggiormente aiutato nei tuoi esordi?
Sicuramente i miei genitori perché mi hanno sempre dato la libertà di scegliere quello che volessi fare appoggiandomi in ogni mia scelta. Papà più dal punto di vista pratico perché ha fatto un sacco di sacrifici per portarmi ovunque in giro per i campi e non ha mai mancato una partita, allenamento o ritiro. Mamma invece é stata fondamentale più dal punto di vista emotivo (anche se anche lei, assieme a papà, é sempre stata presente a qualunque partita o allenamento) perché mi é sempre stata accanto e mi ha sempre spronata a non mollare e tenere duro perché era sicura che con la testa che avevo sarei arrivata dove sono ora. C’è stato un periodo molto confuso in cui non ero sicura di continuare a giocare a calcio e volevo mollare tutto e buttarmi solo sullo studio ma grazie a lei e ai suoi preziosi consigli non ho mollato e ho continuato a coltivare il mio sogno. I miei fratelli e il resto della mia famiglia mi hanno sempre accompagnato (chi da vicino e chi da lontano) in questo mio “viaggio”.
Come hai fatto a conciliare lo studio con il calcio?
In realtà sono fortunata perché sono sempre stata una ragazza a cui piace studiare e imparare cose nuove. Ho sempre pensato che lo studio fosse parte fondamentale della mia vita soprattutto perché le calciatrici, a differenza dei maschi, non si possono permettere di vivere con i soldi accumulati grazie al calcio ed è importante costruirsi un post carriera. Non è semplice conciliare l’università con l’attività sportiva, però è solo questione di organizzazione e forza di volontà (alla fine penso che quando si fa una cosa che piace i sacrifici che si fanno si vivono con un altro spirito). Cerco sempre di stare al passo con i miei compagni di corso e di rispettare gli appelli d’esame e per ora devo dire che sta andando alla grande e non vedo l’ora di laurearmi.
Cosa consiglieresti ad una ragazzina che vuole iniziare a praticare il calcio femminile?
Nella semplicità della cosa le direi di coltivare il suo sogno con entusiasmo e passione. I sacrifici saranno sicuramente molti ma penso che se si vuole davvero raggiungere un obiettivo non c’è ostacolo che tenga. Ci saranno molti “intoppi” durante il viaggio ma con la perseveranza si arriva ovunque. É importante che non si tralasci assolutamente nulla e si faccia tutto con il massimo divertimento e il sorriso sulle labbra perché in fondo il calcio per me è sì il mio lavoro ma rimane comunque uno sport e prima di questo un gioco ed è giusto viverlo come tale.