Il tempo sembra essersi fermato al bar trattoria “Da Lucia” di Lonate Pozzolo, tra i tavoloni e le sedie in legno e le tovaglie a quadri. E mentre Modesto Verderio racconta gli albori della Lega, che proprio qui si riuniva il lunedì sera, quando il locale della mamma era chiuso, pare quasi di vederli i lumbard mentre discutono davanti a un calice, anzi un bicèr, di vino.
Splende il sole nel cielo di Lonate, solcato dagli aerei pronti ad atterrare a Malpensa. Verderio, che i quarant’anni che il Carroccio si accinge a festeggiare li ha vissuti quasi tutti in prima linea, sfoglia il libro dei ricordi. Oltre all’immancabile pipa, per l’occasione risfodera lo stemma della Repubblica del Nord e il fazzoletto verde con la firma di Bossi. Lui che dell’Umberto è stato autista e «guardia del corpo» per sette anni.
Tutto inizia con un manifesto: «Lumbard tas!»
Tutto ebbe inizio a metà anni Ottanta da un manifesto. «Lumbard tas!» era lo slogan con cui la Lega denunciava la situazione della Lombardia, gallina dalle uova d’ora spremuta dallo Stato centrale. Fulminato sulla via di Gallarate, Verderio decide di varcare la soglia dell’unica sede del movimento, quella in piazza del Podestà a Varese. «Vado e trovo Bossi. L’avevo visto due o tre volte in televisione. Dietro c’era la Manuela Marrone, che non era ancora sua moglie». Verderio, che fino a quel momento non si era mai impegnato in politica, si tessera.
«Do a Umberto la disponibilità a usare il bar di mia mamma per le riunioni. Mi dice di parlare con Speroni. E dall’86 all’89 ci troviamo qui il lunedì sera col gruppo del Basso Varesotto: Busto, Castellanza, Lonate e così via».
Crescono le sedi
Nel 1989 viene inaugurata la sede di Busto, in via Cardinal Tosi, in pieno centro. «Proprietaria dell’immobile era Daniela Zuccoli, moglie di Mike Bongiorno. Noi eravamo al primo piano, mentre al piano terra c’era il Fronte della gioventù», il movimento giovanile dell’Msi. «Fra di noi c’era tensione, ma col loro segretario, Giovanni Blini, c’era un buon rapporto e d’altra parte la Dc dava dei fascisti anche ai leghisti».
Dopo quella di Busto si aprono altre sedi. E la Lega porta avanti le proprie battaglie nel territorio: «Ricordo che occupammo il Casello di Cavaria per non pagare il pedaggio. Fummo denunciati in venti. E inizialmente la Lega era conto il T1 di Malpensa: volevamo salvaguardare la brughiera, o comunque che si pensasse prima ai servizi. Umberto scriveva delle poesie un dialetto bosino sulla brughiera».
Le (dis)avventure con Speroni
Nel frattempo i militanti entrano nelle istituzioni. Lo stesso Verderio diventa assessore provinciale quando a Villa Recalcati il presidente Massimo Ferrario è a capo di una giunta monocolore leghista. Gli succederà il bustocco Marco Reguzzoni, futuro capogruppo alla Camera del Carroccio.
Prima un altro leghista di Busto, Francesco Speroni, nel 1994 approda in Parlamento e diventa ministro per le riforme istituzionali: «E Miglio si incazza, perché chi meglio di lui poteva ricoprire quel ruolo? Ma si scelse un esponente della Lega». Di cui Verderio ha grande stima: «La strategia della Lega Lombarda la decideva Bossi, ma sulla conoscenza dei regolamenti Speroni era formidabile. E, nonostante i ruoli importanti, non se l’è mai tirata. Aveva però il difetto di avere un pessimo gusto per le auto».
A proposito di auto, nei ricordi di Verderio affiorano anche alcuni viaggi col bustocco. «Una volta rimanemmo piantati sul Grande raccordo anulare e nessuno voleva fermarsi ad aiutarci, forse perché con barba e capelli lunghi non apparivo rassicurante.
In un'altra occasione, alla dogana svizzera, l'incaricato ai controlli probabilmente non vide di buon occhio l'adesivo della Lega sull'auto di Speroni. Fece verifiche lunghe e minuziose, ma Speroni era tranquillo, essendo sempre precisissimo. Alla fine però risultò sprovvisto del triangolo, che forse era rimasto dal meccanico. Non fu certo contento, ma non fece una piega e anzi ringraziò nonostante la multa, perché avrebbe potuto rimediare alla mancanza nell'eventualità di qualche problema con l'auto».
Domani, domenica 7 aprile, a Busto verrà presentato il libro "Il volo padano" sui quarant'anni della Lega scritto da Marco Linari con i racconti proprio di Speroni. Sono attesi tanti big del Carroccio.
Il legame con Bossi
Verderio aveva e ha ancora in garage una Ferrari. «Ma con Umberto abbiamo fatto fuori due 164 v6 turbo». Per sette anni è stato l’autista, il primo, del Senatur. Impossibile calcolare le ore trascorse e i chilometri macinati insieme.
«Inizialmente stavamo sempre insieme, giorno e notte – racconta –. Abbiamo trascorso tantissimo tempo in macchina a parlare in dialetto».
Allora i cellulari non c’erano ancora, ma Verderio aveva un telefono “fisso” a bordo. «Qualche volta Umberto lo usava e venivano fuori delle bollette da capogiro».
Tanti i ricordi. Tra questi, le prime Pontida: «Straordinarie. Bossi buttava giù il discorso di notte in albergo, dopo aver mangiato». Il leader non aveva orari: «Telefonava alle 4 del mattino. All’alba, di ritorno dai comizi, prendeva chiodo e martello per appendere i quadretti che gli donavano i militanti».
Per ricaricare le energie, gli bastavano delle caramelle. «Che col caldo si appiccicavano tutte in macchina», dice Verderio con una smorfia.
Niente alcol, solo Coca Cola. «Soltanto in un’occasione, dopo aver evitato per un soffio un incidente in autostrada, ci siamo concessi in whisky in due. Per il resto, neanche un caffè corretto».
Verderio racconta col sorriso: «È stata un’esperienza incredibile. Quei momenti lì non torneranno più». Formidabili quegli anni, direbbe qualcuno.
La Lega di oggi
L’espressione si fa più seria quando gli chiediamo della Lega di oggi, da cui Verderio si è allontanato: «Condivisibile o meno, Bossi quello che diceva al mattino lo ripeteva al pomeriggio. Con Salvini non è così. Il principio cardine era “padroni a casa nostra”. Adesso, è vero, è cambiato il mondo. Ed è cambiata anche la Lega. In peggio. È diventata un partito nazionale. Perché uno dovrebbe votarla? A quel punto uno sceglie Forza Italia o Fratelli d’Italia».
Lui, «autonomista e federalista», non partecipa alle elezioni politiche ormai da qualche tempo: «Non c'è nessun partito che mi rappresenta».
Cosa resterà di questi quarant’anni?
Ma che cosa rimane di questi quarant’anni? Quali sono i risultati ottenuti? «A livello parlamentare abbiamo portato a casa zero – risponde tranchant –. La Dc, invece, otteneva qualcosa per la provincia.
A livello locale, invece, ci sono state amministrazioni che hanno fatto delle cose. In Provincia io sono stato uno dei primi a fare le rotatorie, oltre cinquanta, in particolare nell’Alto Varesotto nei punti in cui si verificavano tanti incidenti gravi. Si sono quasi azzerati e molte vite umane sono state salvate. Ma penso anche alle infrastrutture, alla ciclabile attorno al lago di Varese iniziata con Ferrario.
Il bilancio a livello locale è positivo. Roma, invece, ti abbraccia: lì si parla e basta. La secessione rimane un sogno, ma oggi non si riesci a portare a casa una vera autonomia».
Verderio rivendica di essersi rifiutato di fare il parlamentare: «Sul territorio, il lavoro è finalizzato alla realizzazione dell’opera. Ero sbalordito all’idea di spendere un miliardo di lire per realizzare una rotatoria. Ma era qualcosa di importante e quando i risultati si vedono il cuore scoppia di gioia».
Il tempo sembra essersi fermato al bar trattoria “Da Lucia”, ma sono passati quarant’anni. E «quei momenti lì non torneranno più».