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Hockey | 21 gennaio 2024, 12:10

La fotogallery di un grande pubblico, gli scherzi del destino, il sistema Suikkanen e un sassolino nella scarpa

In attesa della finale delle 19.30 tra Pergine e Caldaro in cui Varese può dimostrare di amare l'hockey almeno quanto i Mastini, riviviamo la serata appassionante ma dal finale amarissimo di ieri grazie alle immagini di Alesandro Galbiati dei 1.100 caldissimi cuori gialloneri sugli spalti e a qualche spunto di riflessione in libertà senza alcuna ipocrisia

Ci abbiamo creduto tutti. Ma non finisce qui (foto Alessandro Umberto Galbiati)

Ci abbiamo creduto tutti. Ma non finisce qui (foto Alessandro Umberto Galbiati)

Inutile negare la delusione che, dietro gli oltre mille applausi alla squadra dopo la sconfitta, soprattutto oggi al risveglio accompagna questa domenica con il sapore di un'occasione fallita - quando ricapiterà di giocarsi una finale di Coppa Italia in casa? - contro una squadra come il Caldaro che si è vista tornare indietro qualcosa dal cielo dopo le finali perse un anno fa (i pali di Majul e Raimondi, le parate di Andergassen, le assenze di Massimo Cordiano, Fanelli, Desautels - vederlo ma non averlo è crudele visto che prima o poi servirà come il pane: a costo di scegliere le vie del... Signore bisognerà andarsi a prendere il benedetto visto mancante - Allevato) ma anche del Varese. E, a nostro parere, del sistema sicuro e vincente in una gara secca - stessi uomini, tre linee blindate con la prima che avrà macinato chilometri sul ghiaccio per trenta minuti - di Kai Suikkanen, allenatore carismatico come pochi che non a caso ha vinto la Ebel con il Bolzano.

I Mastini, però, non sono meno vincenti o non sono più deboli del Caldaro e, in una sfida senza ritorno nella bolgia di 1.100 persone, devono o possono batterlo - al di là degli sguardi maligni o benigni del cielo - affrontando innanzitutto il primo tempo con ben altro impatto, energia, reattività e ferocia. È lì, all'inizio della volata in vista di un traguardo lontano solo 60 minuti, che s'imprime la propria superiorità ma, forse, in questo momento esistono meno certezze di quel che si pensi, o magari alcune vanno ancora trovate proprio nelle sconfitte dopo essersi ringiovaniti e avere cambiato mezza squadra per garantirsi un presente ma anche futuro al vertice.

A proposito di giovani, non possiamo non toglierci un sassolino dalla scarpa: incomprensibile come il talento offensivo diciottenne del farm team dell'Aosta Nathan Garau, che ieri non era impegnato con i suoi in Division I,
 non sia stato lasciato disponibile per la semifinale di Varese. È vero, venerdì ha messo piede sul ghiaccio per fare 2 gol nel 14-2 contro il Val Gardena baby e oggi alle 13.30 dovrà giocare con l'Under 19 aostana ad Alba di Canazei contro i pari età del Fassa, che hanno 19 punti in meno in classifica, ma come il difensore De Santi - ieri presente in pista con i Mastini - raggiungerà i compagni oggi in tempo per giocare in Trentino, perché non anche Garau? L'Aosta può chiaramente fare ciò che vuole con i suoi giocatori, ci mancherebbe altro, ma noi abbiamo il dovere e il piacere di credere che la vetrina della ventottesima Coppa Italia e la possibilità che un diciottenne lasci il segno davanti a un palcoscenico enorme valgano per lui un pezzettino di futuro più grande di quello che si scriverà oggi in Val di Fassa.

Resta una finale tra Pergine e Caldaro, prevista oggi alle 19.30 all'Acinque Ice Arena, in cui Varese potrà dimostrare di amare l'hockey almeno quanto i Mastini. Ci sarà da divertirsi e anche da tifare (abbiamo una mezza idea di chi verrà scelto dal popolo giallonero). Non mancherete, non mancheremo. In attesa di ritrovare il Caldaro sabato prossimo in Alto Adige, quando ci aspettiamo l'incazzatura dei veri Mastini. Per non restare schiacciati dal peso di questa bruciante eliminazione servono rabbia o perfino sedie che volano e magari qualche urlaccio, non acquiescienza, pacche sulle spalle, sguardi languidi o complimenti beffardi. Quelli lasciamoli ai perdenti.

Andrea Confalonieri


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