Fai il lavoro che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita.
Quante volte abbiamo sentito questa celebre citazione di Confucio e pensato a quanto sarebbe bello unire davvero il lavoro a una nostra passione. Alcuni di noi ci sono riusciti.
Come Eddy Trentin, 36enne bergamasco che in questi giorni sta percorrendo le sponde del nostro lago insieme al suo gregge. Sì, esatto. Eddy, infatti, è un pastore per “professione” e per passione e lo dimostra nelle parole e, soprattutto, nello sguardo sempre rivolto alle 650 pecore che lo seguono.
L’avventura di Eddy inizia dalla provincia di Bergamo, per la precisione «siamo partiti da Valbondione, veniamo in queste zone da circa 9 anni con questo gregge. Qui, i prati sono sani, l'erba è buona, arriveremo fino a Inarzo poi torneremo indietro per spostarci verso Novara, Alessandria, Pavia fino ad arrivare alla fine del Po, dove staremo per la primavera. Verso il 20 giugno, caricheremo le pecore su un camion e andremo in alpeggio».
Con queste poche parole, il pastore bergamasco riassume un viaggio di settimane, anzi, di mesi, percorso seguendo i ritmi imposti dalla natura, «non è facile, non tutti sanno ascoltare. Noi ci muoviamo sempre a piedi e ci spostiamo quasi tutti i giorni, solo se il prato è abbastanza grande ci fermiamo un po' di più. Il viaggio dura tutto l'inverno tra andata e ritorno, più si cammina lentamente più il gregge si mantiene bene. Anche quando siamo in alpeggio siamo sempre vaganti, poi il 20 settembre scendiamo, ci occupiamo della tosatura prima di ricominciare a girare per i prati secchi in cui c'è già stato il raccolto. Non ho una mappa, il viaggio è tutto nella mia testa, in base all'erba che trovo decido se fermarmi o meno, è lei che comanda».
A Varese, in particolare, «arriviamo intorno ai primi di novembre, qui a Buguggiate dicono che porto il Natale», commenta Eddy con un sorriso e con un occhio alle sue pecore, come un genitore che non perde mai di vista i propri figli.
Perché per il pastore il suo gregge è proprio questo: una famiglia.
«Ho sempre fatto il pastore, è un mestiere che non ho imparato a scuola, ci metto tutto me stesso, per me questa è la mia vita, la mia passione, il mio lavoro, il mio tutto e solo il tempo insegna come farlo, come si impara a fare il genitore quando lo si diventa, ogni giorno c'è qualcosa di nuovo. La pecora per me è nel cervello e nel cuore, non lo faccio per divertirmi, oltre che darmi da vivere la pecora è una mia passione personale, per me non esistono Natali, weekend, anche l'ultimo dell'anno l'ho trascorso con il gregge, non stacco mai, non mi piace abbandonare il gregge. Non tutti lo capiscono, ma quando doni tutto il tuo tempo al gregge questo diventa la tua famiglia».
Una famiglia molto numerosa, in continua crescita, «ci sono circa 650 pecore, le ho fatte nascere e le ho cresciute tutte con le mie mani, per me è una soddisfazione, come una mamma che prende in braccio i suoi figli. Un gregge è come un paese, ci sono nascite, morti, per ora l'annata sta andando bene anche se ci vorrebbe un po' di neve perché permette alla natura di fermarsi e riposarsi. Non dimentichiamoci che noi viviamo grazie a un contadino, un pastore, un allevatore, a chi semina e raccoglie il fieno, è una ruota che gira».
Attraverso le sue parole, Eddy ricorda quanto sia importante rispettare l'ambiente e i suoi ritmi, soprattutto oggi, un momento in cui viviamo di corsa, non ci fermiamo mai, siamo sempre collegati real time grazie alla tecnologia. Anche se proprio grazie alla tecnologia, ai social, Eddy ha conosciuto Diego Poli, 18enne che lo segue da giugno, dopo aver conseguito il diploma di agricolo: «Mio papà aveva le pecore, sono sempre andato dietro a lui. Ho conosciuto Eddy tramite Instagram, l'ho seguito per due estati, questo è il mio primo inverno. Ogni due settimane torno a casa, mi piace molto essere qui, sono sempre stato convinto di questa strada. In futuro, vorrei avere pecore mie da unire a questo gregge».
«Io sono qua tutto il giorno, i problemi ci sono, si affrontano. Non mi allontano neanche di notte, durante l'inverno dormo nella roulotte che spostiamo di volta in volta, ma solo dopo aver mosso il gregge. Il mio non lo chiamerei lavoro, devi averlo nel DNA, o ce l'hai o non ce l'hai. La mia vita è questa, non mi pento di niente, sono contento così, è bello perché le persone ti conoscono, quando ti vedono arrivare sono felici», conclude Eddy, prima di tornare dalla sua famiglia e avviarsi insieme verso un'altra tappa del loro viaggio, nella tranquillità che solo il forte legame con la natura può regalare.