È un antico stampo in rame che a Giava serviva per i disegni dei batik il simbolo dell’Atelier di Colori d’Asia, il piccolo tempio varesino degli incanti d’Oriente, che Lorena e Regina “Nella” Bollasina riempiono ogni giorno di meraviglie che fanno pensare al mondo fantastico di Emilio Salgari.
Il negozio di via Griffi 3, nel cuore della città, oltre a essere un ritrovo di amici, che entrano anche soltanto per due chiacchiere con le simpaticissime proprietarie, rappresenta un riferimento unico per chi ama i prodotti artigianali di Giava, dell’India e del Nepal, del Bhutan e della straordinaria isola di Sumba, parte dell’arcipelago della Sonda nell’Asia sud-orientale.
In quest’isola, che conta numerose tombe megalitiche, viene tramandata l’antichissima arte dell’Ikat, risalente al Neolitico, una particolare forma di tessitura eseguita dalle donne locali con incredibile perfezione, realizzando tessuti che racchiudono una precisa simbologia evidenziata da magnifici colori ottenuti con essenze naturali. E proprio da Sumba è partita la storia del negozio varesino, dai viaggi di Lorena nella Sonda, e dal suo innamoramento per questa “tecnica trascendentale” - come la definì Picasso - e per i tessuti di cotone filati a mano, con la tintura che viene fatta per immersione nei diversi colori, legando con la rafia i fili che non devono essere colorati. Un lavoro di mesi, che le donne locali compiono in diverse stagioni, con il prodotto finito che racchiude simbolismi legati al culto degli antenati e alla storia del luogo.
«Ho scoperto questa cultura nel 1985, e ho incominciato a importare questi tessuti, usati a Sumba come abiti, scoprendo incredibili analogie nei disegni con quelli della nostra civiltà camuna. Con mia sorella Nella ho incominciato a proporre mostre sull’artigianato di Sumba, con i tessuti Ikat e i gioielli indonesiani. Abbiamo anche esposto nel 2001 al Museo d’Arte orientale di Roma, poi a Milano, Lugano, Angera, Busto Arsizio, e proposto articoli alle riviste di moda e di arredo. Andavamo personalmente a consegnare i pezzi ai clienti», racconta Lorena, biologa, già insegnante di matematica e scienze alle medie di Sumirago.
«La tecnica Ikat, infatti, un tempo era diffusa anche in Europa, e prevede la tintura del filo prima della sua tessitura. I disegni raffigurano anche presenze magiche di antenati-protettori, e il tessuto, grazie a questo tipo di lavorazione, presenta caratteristiche sbavature di colore che lo rendono unico».
All’Atelier di Colori d’Asia, Lorena è la “materia”, e Nella, che ha studiato al Liceo artistico di Varese e lavorato da Missoni, l’“antimateria”, nel senso che quest’ultima è la creativa del duo, mentre la prima viaggia e cura l’amministrazione del negozio.
«Abbiamo preso spunto dai disegni degli Ikat per creare una nostra linea di sciarpe di seta e cachemire, camicie di seta, foulard, che facciamo produrre da una ditta di Como e perfino piccoli abat-jour. Nella lavora le pietre due e crea collane, abbiniamo spesso il gioiello alla sciarpa», spiega Lorena.
In negozio l’occhio non fa a tempo a fermarsi su un oggetto che la curiosità è catturata da un tessuto, da un monile: ci sono scatole per gioielli in palissandro provenienti dall’Afghanistan, tessuti indiani, un contenitore in bambù rifinito con la lacca rossa della Birmania, una porta in pesantissimo “iron wood”, un legno di incredibile durezza del Borneo Nuova Guinea, abiti del Bhutan, di Giava, batik multicolori, un intarsio in legno indonesiano sopra una porta, colori sgargianti ovunque. È il fascino dell’Oriente, che Lorena e Nella coltivano con passione e competenza.
«Abbiamo aperto il primo negozio in via Carlo Croce al 12, e ci siamo rimaste per 17 anni, e da 12 siamo in via Griffi. Siamo figlie di tessitori, i nostri genitori avevano un’azienda a Sumirago, siamo cresciute tra i tessuti. I nostri clienti sono di età media, per lo più sono donne che acquistano sciarpe, foulard, gioielli, camicie e orecchini, pezzi unici con il nostro marchio, ma per fortuna arriva anche qualche coppia giovane che vuole arredare casa con un pezzo antico o si appassiona alla storia dell’Ikat. Per le mie collane utilizzo pietre naturali che raccolgo e il corallo-bambù, una madrepora colorata. Ci sono oggetti per tutte le borse, gli orecchini per esempio, partono da 20 euro», dice Regina, la mente creativa sempre in azione.
Lorena vola ancora a Bali di tanto in tanto, ci rimane qualche settimana, ma le cose anche laggiù non sono più come prima: «Sono quasi spariti gli artigiani, alcuni oggetti non vengono più prodotti, altri sono “inquinati” da disegni che non hanno nulla a che vedere con la cultura locale. C’è un decadimento profondo, i tempi sono cambiati in peggio».
L’Atelier di Colori d’Asia, tra l’altro, sta promuovendo con ValbossaINRosa una raccolta fondi per una borsa di studio da donare al Besta di Milano intitolata alla memoria della ricercatrice azzatese Pia Bernasconi, scomparsa prematuramente e responsabile del laboratorio di immunopatologia molecolare e cellulare. «Abbiamo già raccolto circa 14mila euro e diversi artisti varesini ci hanno donato una loro opera da mettere in vendita», aggiunge Lorena Bollasina.
I tessuti Ikat, appesi alle pareti come quadri, ci raccontano ciò che siamo, le nostre origini e la simbiosi con la natura, il rispetto per le tradizioni e la dedizione di sapienti artigiane affinché fossero tramandate fino a noi. Perciò, uscendo dall’atelier colmo di colori accesi e dirompenti, Varese ci sembra di colpo più grigia.