Leggere, scrivere, far di conto e…programmare!
Gli ambienti digitali al servizio del nostro modo di affrontare sfide e cogliere opportunità: è così che, per il secondo anno di fila, le due scuole primarie dell’Istituto Comprensivo “Monteggia” di Laveno Mombello strutturano l’ora settimanale di tecnologia. Non un’attività extra o aggiuntiva: bensì una “lezione” in tutto e per tutto ordinaria, gestita dall’insegnante Bettina Ambrosini, che ha costruito negli anni la competenza necessaria per lavorare in tutte e quattordici le classi di scuola primaria come “specialista” di tecnologia.
Prototipazione, creazione di modelli, programmazione a blocchi: espressioni a prima vista complesse, ma che gli alunni delle scuole “Scotti” di Laveno e “Gianoli” di Mombello provano a smontare e ad affrontare. Non è certo solo tecnologia, almeno non nel senso più stretto del termine: piuttosto si tratta di attività propedeutiche allo sviluppo di competenze trasversali, di attitudine all’analisi di situazioni, di sviluppo di un pensiero logico ‘flessibile’ e capace di adattarsi alle diverse situazioni.
Tutte le proposte sono realizzate al tablet (uno in dotazione per ogni alunno), gestite attraverso classi virtuali differenziate per gradi di apprendimento, in uno spazio dedicato a ciascun bambino. L’attività viene poi condivisa e discussa dai ragazzi stessi, già a partire dalla prima, alla Lavagna Interattiva Multimediale (LIM).
Ogni alunno può fruire dei materiali e delle attività seguendo i propri tempi e i propri ritmi. L’insegnante, tramite piattaforme da remoto, ha sempre accesso ad ogni attività di laboratorio che rimane documentata anche ai fini della valutazione.
Un percorso lungo cinque anni, che parte da semplici programmazioni a blocchi (prima e seconda), per poi transitare verso la creazione di storie multimediali e semplici videogiochi (terza); quindi il passaggio al lavoro con linguaggi e attività di programmazione di hardware (motori, sensori, led), in particolare di creazione di prototipi su scheda Microbit (quarta); il gran finale, in quinta, con l'utilizzo di codici per creare modelli tridimensionali che vengono poi realizzati concretamente con stampante 3D (in dotazione) che modella filamenti PETG: un modo efficace per verificare la fattibilità del progetto ed avviare una riflessione sui diversi step di una progettazione in cui il risultato non sempre rispecchia il progetto iniziale.
“In due parole - spiega Bettina Ambrosini - il senso del progetto è favorire l’espressione di competenze e di creatività attraverso strumenti tecnologici: esprimere il meglio di noi stessi ci permette di superare e rifiutare gli atteggiamenti d’odio, di intolleranza e di esclusione; inoltre, non meno importante, ci aiuta a ritrovare la vicinanza e la condivisione con gli altri dopo gli anni di emergenza sanitaria che ci hanno imposto modalità di lavoro scolastico e di esperienza quotidiana in cui la tecnologia era sinonimo di ‘a distanza’”.