Immaginate il classico organigramma all’italiana nella classica società vecchio stampo di qualsiasi sport, per esempio davanti a un’operazione di mercato.
Il general manager valuta un giocatore, fa una chiamata all’allenatore chiedendo «ti piace?» (passaggio frequente ma non obbligatorio) e, poi, va dal proprietario per ottenere la copertura economica.
Due attori coinvolti, al massimo tre.
A Varese non si fa più così, a Varese è sbarcata l’America. Non da quest’anno, come tutti sanno, ma da quest’anno ancora di più, assecondando la visione rivoluzionaria per questi lidi che sta contraddistinguendo l’era che fa capo a Luis Scola.
A Masnago sono stati presenti Zachary Sogolow e Maksim Horowitz, due nuovi protagonisti dell’area dirigenziale della beneamata creatura cestistica prealpina, operativi da metà estate ma solo oggi svelati al grande pubblico. E bisogna uscire dagli schemi tradizionali per capire bene quale sia e quale sarà il loro ruolo.
Ufficialmente si tratta rispettivamente del General Manager of Basketball Operations e del General Manager of Basketball Strategy del club. Un gm a due teste dopo l’addio a Michael Arcieri? Non proprio, o quantomeno non solo.
Nell’idea della nuova proprietà Sogolow e Horowitz coprono ma allo stesso tempo aggiungono, e sono e saranno due figure, seppur molto importanti, di una compagine tecnico-societaria sempre più allargata, sempre più orientata a lavorare in team. Insomma: pensando al biancorosso, non si potrà più ragionare per simboli unici (salvo il fatto che tutto fa capo a Scola), ma per “squadre”, dentro e fuori dal campo. E allora vicino a un Sogolow e a un Horowitz ecco un Matteo Jemoli, responsabile scouting, ecco un Luca Cappelletti, fondamentale per statistiche e analytics, ecco tutte le figure che fanno capo al campo, dal primo allenatore al suo staff. Ognuno a portare la propria specificità.
«A livello sportivo il mio compito sarà quello di mantenere i rapporti con lo staff tecnico e i giocatori, portando la visione di Luis e collaborando con i membri dello staff tecnico - spiega inizialmente Sogolow, classe 1992, esperienze ai Philadelphia 76ers e nella NBA intesa come Lega - ma anche aiutare l’inserimento dei giocatori stessi e delle loro famiglie e lavorare in generale per far conoscere il mondo che stiamo costruendo qui a Varese al di là dell’oceano, cambiando la visione della pallacanestro europea da parte degli americani».
Non solo campo, però: «Investirò nel materiale umano, sulle persone che lavorano qui da tempo (quindi avrà un compito di raccordo tra uffici e squadra ndr), cercando di portare ciò che ho imparato nella NBA, di migliorare il lavoro della società, di lavorare sulla gestione operativa tenendo sotto controllo i costi, recuperando così risorse da investire».
E ancora, andando sull’ambito “mercato”, concetto che negli USA ha una complessità di contributi assai più tangibile che in Europa: «Gestirò i momenti in cui andare a contattare gli agenti e i giocatori e curerò i rapporti con il mondo NBA, in modo tale da ottenere informazioni dentro e fuori dal campo sui profili che ci interessano. La squadra di quest’anno? Per noi la stagione è iniziata tardi ma abbiamo fatto la nostra parte insieme a Matteo Jemoli, a Luis e a Luca Cappelletti. In futuro ci inseriremo sempre di più nei meccanismi, portando i contatti che abbiamo in NBA. Cauley-Stein? Ha parlato con diverse persone della società prima di accettare l’offerta, non solo con me e Maksim, anche se la nostra esperienza nella Lega qualche credito l’ha dato: Willie cercava una società con persone che lo aiutassero e una città che vivesse di pallacanestro».
«Varese per me è un’opportunità importante - continua - e così per la mia famiglia (ha 3 figli piccoli ndr), che mi ha aiutato nella scelta. È un’opportunità per crescere, è la città giusta: apprezzo molto la coesione che c’è in società e l’attaccamento dei tifosi al team».
Sull’inizio di stagione biancorosso ha le idee chiare: «Crediamo nell’allenatore e nei giocatori e abbiamo una visione a lungo termine. Ma valutiamo anche ciò che accade giorno per giorno, perché ogni partita è un segnale per noi per capire come arrivare agli obiettivi che ci siamo prefissi. Le statistiche non mentono: nei primi match non siamo andati nella direzione giusta, come risultati ma anche come gioco. Ora stiamo migliorando: abbiamo preso elementi senza esperienza europea e abbiamo gli italiani più giovani del campionato, ma li porteremo a migliorare giorno dopo giorno».
«Report, statistiche, dati: questo è il mio background» spiega invece Maksim Horowitz, classe 1994, un Bachelor of Science alla Carnegie Mellon University e un’esperienza negli Atlanta Hawks oltre che negli uffici NBA. La sua presenza sarà fondamentale nell’implementare la strategia di gioco che da un anno a questa parte si basa completamente sui numeri, sulle statistiche, sulla bibbia delle analytics: «L’impronta l’ha già data Luis l’anno scorso: io mi occuperò di analytics per tutto il sistema, dalla prima squadra al settore giovanile, passando per i singoli giocatori, sia in partita che negli allenamenti. Prenderemo decisioni basate sui risultati statistici, non solo in campo, ma anche nelle aree non sportive».
«Vogliamo - prosegue - costruire un’identità e un modo di stare in campo ben precisi, utilizzando tutto ciò che la tecnologia ci mette a disposizione, in continua collaborazione con lo staff tecnico. E così vogliamo sfruttare il Campus e il palazzetto rinnovato per dare ai tifosi una visione nuova del nostro lavoro e della società. C’è la possibilità di costruire qualcosa di altissimo livello per l’Europa».
«Non tutto ciò che viene fatto nella NBA è esportabile qui - ammette infine - perché al di là dell’Oceano le risorse sono inimmaginabili. Però, in base anche alle regole che sussistono in questo mondo, prenderemo le nostre idee e le adatteremo»·