Sono una ragazza di 20 anni, e il calcio proprio non mi piace. Eppure, oggi una persona che ama questo sport mi ha stupita. Ha parlato di coraggio, di determinazione, di sogni e di essere donna. Ha parlato di amore e di conforto, ma anche di porte che le sono state sbattute davanti. Si tratta di Alice Pignagnoli, portiere di serie A e di serie B, che si è raccontata e ha presentato il suo libro “Volevo solo fare la calciatrice” al festival “SportivaMente”. LEGGI QUI
Già prima di questo incontro mi sono chiesta tante volte: e se fossi nata maschio? Che cosa vuol dire essere donna?
Essere donna vuol dire tante cose: femminilità, trucco, ricamare, vivere le gioie della maternità, essere moglie e madre, dedicarsi alla casa e ai figli, magari rinunciare anche al lavoro. No, non è vero. Essere donna può voler dire anche non mettersi tacchi e non truccarsi, scegliere di non diventare mamma e di restare single, assecondare le proprie passioni e portare avanti la propria carriera con successo.
Essere donna, come essere uomo, non ci obbliga a vivere secondo gli standard della società. Prima ancora di essere uomini e donne, dovremmo essere noi stessi. Con le paure, i punti di forza, gli obiettivi, le fragilità, le passioni, i sogni.
È questo che insegna Alice Pignagnoli: ad essere noi stessi, a seguire il cuore. Chi ha detto che una donna deve fare la ballerina e non la calciatrice? Chi ha detto che, se voglio fare carriera, devo rinunciare alla maternità?
Ma la vera domanda è: chi può stabilire come devo vivere la mia vita, se non io stessa?
Spesso è difficile fare qualcosa di diverso da quello che la gente si aspetta, perché è vero che siamo nel 2023, ma gli stereotipi non accennano ad andarsene. E tra questi c’è anche il valore della donna, da sempre ritenuta “meno” dell’uomo.
Meno forte, meno adatta per ricoprire determinate posizioni, meno pagata sul lavoro. Solo perché è donna. Solo perché, un giorno, potrebbe rimanere incinta.
Ed è proprio quando Alice stava per ricevere un dono bellissimo, il secondo figlio, che la sua squadra le ha tolto la maglia, quella maglia per cui aveva lottato, con tanti sacrifici. Ma non si è arresa.
Lei, come me e come tante altre, è fiera di essere donna. E come tale sa combattere, senza arrendersi mai, senza abbandonare il suo sogno. Fa tutto questo perché desidera che le donne di domani non incontrino le sue stesse difficoltà.
Questo non vuol dire essere femminista. Significa semplicemente avere personalità, forza d’animo, voglia di credere nei propri sogni e tanto coraggio. Il coraggio di lottare per quello in cui crediamo, perché «Cambiare il mondo è ambizioso. Ma possiamo provarci, un centimetro alla volta».