Marco Franchini, 33 anni, di Woodbrige, Ontario, è il giocatore che - con il suo gol vincente al Caldaro in finale di Coppa Italia - ci ha fatto uscire dalla gola l’urlo più forte degli ultimi ventisette anni.
Marco Franchini è il “mago” degli assist e delle serpentine.
Marco Franchini è il figlio e il fratello maggiore o minore di tutti quelli che si sono avvicinati al palaghiaccio ultimamente, perché si è sempre fatto voler bene come un cucciolo, come uno di famiglia da prendere sotto braccio e portare a prendere una birra alla sera, come un varesino acquisito, nonostante quell’italiano rimasto sempre un po’ zoppicante.
Marco Franchini ha fatto innamorare i ragazzini che sognano di giocare a hockey per il suo modo selvatico di giocare e di essere imprendibile.
Marco Franchini è il giocatore dei gol impossibili, quello che appare quando meno te lo aspetti (da qui la definizione di mago…), quello meno incasellabile in schemi e in giocate: lui arriva, segna e porta a casa la coppa.
Marco Franchini è il giocatore che ha realizzato l'indimenticabile gol all'overtime che abbattè il Merano, quel Merano, vecchio nemico del Varese che ora lo accoglierà a braccia aperte. E anche questa per lui, come tutto il resto, sarà una questione di cuore.
Marco Franchini rimarrà sempre un piccolo grande mastino: quello che segue è il suo saluto.
Marco, andrai a Merano, in Alps Hockey League: perché questa scelta?
Perché è un campionato più competitivo e vorrei sfidare me stesso. Inoltre penso che sia anche un bel posto in cui giocare. A Varese abbiamo vinto la Coppa Italia e campionato, traguardi che saranno sempre una parte importante della mia vita e che non dimenticherò mai. Ma come ho detto ora cerco una nuova sfida.
Cosa vorresti dire in questo momento ai supporter gialloneri che si sono affezionati molto a te e che non ti scorderanno mai?
Posso solo dire che sono delle persone assolutamente fantastiche e che sono tutti come una famiglia per me. Senza il loro supporto non sono sicuro che avremmo vinto quel che poi abbiamo vinto. Li amo tutti: grazie per esserci stati, nel bene e nel male.
E ai tuoi compagni?
A loro vorrei dire che il nostro è stato un viaggio che abbiamo iniziato e concluso insieme, da campioni. Ogni giocatore ha lavorato sodo per arrivare dove siamo arrivati e non potevo immaginare di riuscire a vincere con un gruppo migliore di quello che abbiamo creato. Ognuno di loro sarà mio fratello per la vita.
Qual è stato il momento più bello per te in questi anni trascorsi a Varese? E il più difficile?
Tra i belli ne scelgo tre: il mio arrivo a Malpensa, la conquista della Coppa Italia e infine quella del campionato. Si tratta di tre attimi che rimarranno per sempre dentro di me. Il più difficile? Sono state le partite perse in finale contro il Caldaro. C'era molta pressione attorno a noi: sapevamo di dover vincere e invece stavamo perdendo… Non è stato facile trovare il coraggio per ribaltare la serie, ma l’abbiamo trovato e abbiamo chiuso un anno indimenticabile.
C’è un segreto dietro il “double”?
Vorrei che ci fosse un segreto per vincere, ma a dire il vero non c'è. Ciò che serve per vincere è la dedizione al 100% da parte di tutti i membri del team. Il lavoro duro. Il giocare insieme come una squadra quando le cose non vanno per il verso giusto. L’avere grinta e cuore. Il Varese ha vinto perché tutti hanno fatto quello che dovevano fare: i nostri hitters hanno colpito, i nostri attaccanti hanno segnato, i nostri registi hanno fatto le giocate necessarie, il nostro portiere ha fermato tutto quello che poteva fermare, la nostra difesa ha difeso e bloccato i tiri. Giorno dopo giorno siamo stati una squadra. E siamo diventati campioni.
C’è qualcuno - tra i compagni, i dirigenti, gli amici - che vuoi ringraziare particolarmente?
Sono tante le persone che devo ringraziare. Anzi, dovrei ringraziare tutta la città di Varese. Però nello specifico vorrei innanzitutto spendere due parole su Carlo Bino e Matteo Malfatti, perché hanno fatto un lavoro straordinario nell'organizzare la squadra e mi hanno sempre trattato bene. Mi hanno fatto sentire a casa: il primo grazie va dunque a loro. Poi a Matteo Cesarini: ha una grande influenza su di me, mi ha aiutato quando ho avuto bisogno, lo considero un ottimo amico. Ringrazio anche chi ha fatto parte dello staff, come Maurizio Fiori e Max Mordenti. Infine il grazie va ai miei compagni di squadra. Tutti, perché tutti hanno dato il 100%, ma soprattutto alla mia linea, per cui a Michael Mazzacane e Francis Drolet: abbiamo giocato insieme tutto l'anno tra alti e bassi, segnando tanti gol; e ci siamo sempre protetti, nelle lotte contro le altre squadre. Nessuno di noi tre scorderà quando abbiamo vissuto sul ghiaccio uno vicino all’altro.
Secondo te che futuro avranno i Mastini? Dove si piazzeranno l’anno prossimo?
Sono sicuro che si piazzeranno tra le prime tre: saranno una squadra forte, come al solito, e il nuovo allenatore sembra un coach molto esperto che ben si può adattare al team. Auguro loro in ogni caso le migliori fortune: non smetterò di seguirli.
Cosa prevedi invece per te?
Vorrei fare una buona stagione e possibilmente vincere il più possibile. E poi incontrare nuove persone, creare nuove connessioni e fare nuove esperienze. Non vedo l’ora di trovarmi con i miei nuovi compagni di squadra e con gli allenatori.
Tornerai un giorno a Varese? Intendiamo anche sul ghiaccio…
Varese sarà sempre una casa per me. Quindi di sicuro tornerò per trovare gli amici, mentre per quanto riguarda la carriera vedremo dove mi porterà la vita: magari un giorno potrà accadere di vestire di nuovo questa maglia.