Torna l'appuntamento con la rubrica dedicata alla storia, agli aneddoti e al patrimonio storico e culturale di Varese e del Varesotto in collaborazione con l'associazione La Varese Nascosta. Ogni sabato pubblichiamo un contributo per conoscere meglio il territorio che ci circonda.
Il 21 aprile 1920 atterò a Canton, nelle città allagata, l'aereo del comandante Arturo Ferrarin, varesino d'adozione e asso dell'aviazione a cui la Città Giardino ha dedicato una via proprio dietro la Questura.
A chi altro Varese avrebbe potuto intitolare il largo, alle spalle di Palazzo Italia (la Questura), su cui campeggia con discrezione il monumento ai caduti dell’Aeronautica se non ad Arturo Ferrarin, asso dell’aviazione, vicentino di nascita e varesino d’adozione.
Il comandante era nato a Thiene il 13 febbraio del 1895 ma dal 1931, anno delle sue nozze con Adelaide Castiglioni, pur risiedendo nel palazzo del suocero, l’imprenditore Ermenegildo Castiglioni, in corso Venezia a Milano, amò trascorrere le vacanze a Induno, allora rione del comune di Varese, dove la famiglia Castiglioni possedeva la villa neoclassica del Broglio e nel cui cimitero l’aviatore è sepolto.
Valoroso pilota da caccia nel primo conflitto mondiale, Arturo Ferrarin acquistò una notorietà mondiale nel 1920, grazie al raid Roma-Tokyo ideato da Gabriele D’Annunzio, che compì con il tenente Guido Masiero e i motoristi Cappannino e Maretto, su velivoli della Regia Aeronautica interamente fabbricati di legno e con la cabina aperta.
Il viaggio intercontinentale di 18.000 chilometri coperti in 109 ore di volo dal “Moro”, così chiamato per la carnagione scura, fu una marcia trionfale: a Canton, dove il 21 aprile atterrò nella città allagata, la sua fotografia fu collocata nel tempio di Budda accanto al ritratto di Marco Polo; il 2 maggio, atterrato all’ippodromo di Shanghai, si dovette fermare per una settimana di festeggiamenti; a Pechino ricevette l’onorificenza dell’Ordine della Tigre; al suo arrivo a Tokyo, ultima tappa del raid, il comandante fu ricevuto dall’imperatrice.
Il suo anno trionfale fu però il 1928 quando, con il capitano Carlo Del Prete, a bordo di un monomotore Savoia-Marchetti S64, ottenne il primato mondiale di durata di volo in circuito chiuso (7.666 chilometri in 58 ore e 37 minuti) e poi stabilì anche il primato di distanza di volo senza scalo decollando da Guidonia Montecelio, in provincia di Roma, e atterrando a Touros in Brasile (7.188 chilometri percorsi in 49 ore e 19 minuti). Per quest’ultima impresa l’asso dell’aviazione fu decorato con la medaglia d’oro al valore aeronautico e ricevette numerose onorificenze straniere.
Ma a Guidonia, il 18 luglio del 1941, Arturo Ferrarin morì in un incidente mentre stava collaudando un velivolo sperimentale. Sei anni prima, il 14 luglio 1935, il “Moro” era uscito indenne da un grave incidente in cui perse la vita Edoardo Agnelli: durante l’ammaraggio all’idroscalo di Genova, il Savoia-Marchetti S80 della famiglia Agnelli pilotato da Ferrarin si ribaltò dopo aver urtato un ostacolo.
Ad Arturo Ferrarin Induno Olona ha intitolato una via e la scuola elementare, Venegono Inferiore l’aeroporto in cui hanno base l’Aermacchi e la scuola di volo dell’Aeroclub Varese, Venegono Superiore la scuola media.
Fausto Bonoldi