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Sport | 24 marzo 2023, 07:48

«Da bambino fantasticavo guardando le moto. Oggi sono un pilota della Dakar». Il sogno di Ottavio Missoni jr è diventato realtà

Ieri sera, l'imprenditore e pilota varesino ha incontrato amici e appassionati di motori per condividere con loro l'esperienza e «l’altalena di emozioni» che ha provato in mezzo al deserto dell'Arabia Saudita

Ottavio Missoni racconta la sua avventura in Arabia Saudita, dove ha corso la Dakar 2023

Ottavio Missoni racconta la sua avventura in Arabia Saudita, dove ha corso la Dakar 2023

Alto, magro, con un sorriso timido e gli occhi che brillano quando guarda la sua moto.

Potremmo descrivere così Ottavio Missoni, nipote del fondatore dell’omonima casa di moda, che ieri sera, presso il punto IFC di Piazza Monte Grappa, a Varese, ha letteralmente messo “in vetrina” la moto con cui ha corso la Dakar edizione 2023 e ha incontrato amici e appassionati per condividere con loro l’esperienza appena vissuta.

Una passione di famiglia

La passione del pilota (e non solo) varesino per le due ruote si intreccia con la storia di tutta la famiglia, è un fil rouge che accomuna Ottavio junior, suo padre Vittorio, pilota di moto, auto e off-shore, e suo nonno Ottavio, grande atleta: «Da bambino, fantasticavo vedendo partire per chissà dove le moto dallo stabilimento della Schiranna, così ho iniziato a fare qualche garetta di rally, poi ho voluto alzare l’asticella. Ho giocato per oltre vent’anni a basket, è sempre stata la mia vita parallela, anche se per giocare non andavo in moto, per paura di farmi male prima delle gare. Quando ho smesso il basket, ho fatto in una volta sola tutto quello che in moto non avevo fatto per anni!».

Prepararsi per il deserto

Ed è stato proprio questo suo sogno di bambino a condurre Ottavio, dal 31 dicembre 2022 al 15 gennaio 2023, in Arabia Saudita, paese in cui da alcuni anni si svolge la Dakar – non più in Africa come in origine, per motivi di sicurezza. «La preparazione alla gara è stata intensa, è stato un anno di sacrifici, ma sapevo di dover arrivare pronto. Ho dedicato un bel periodo alla preparazione fisica e alimentare, anche se ho saputo solo a ottobre se sarei riuscito a partecipare, quando sono andato in Spagna per una gara del mondiale rally che serviva, appunto, per valutare la mia partecipazione».

Insieme, per un sogno

Per realizzare il suo progetto, il pilota si è avvalso della collaborazione e del supporto di persone come «Giuseppe Macchion, che mi ha prestato la moto, una Honda Crf 450, Diocleziano Toia, di Gallarate, era sua la strumentazione che è ho utilizzato, o la squadra RS Moto Racing, quando non si è professionisti è bello darsi una mano a vicenda»; con un team costruito sulle basi di salde amicizie, il “Lucky Explorer”, come recita l’adesivo ben visibile attaccato alla moto, ha intrapreso la sua avventura.

La volontà di creare nuove sinergie si è manifestata anche nella scelta dell’abbigliamento tecnico: «Abbiamo collaborato con azienda spagnola di Barcellona per svilupparlo, non l’avevano mai fatto, noi ci siamo prestati come cavie, è andato tutto alla grande!»

Sfide, sacrifici e la forza della famiglia

Le due settimane in Arabia Saudita hanno rappresentato una vera sfida per Ottavio: «Quando si è là, è tutto diverso, sono arrivato prontissimo fisicamente ma, alla fine, ero devastato mentalmente, la testa è qualcosa che non alleni. Quando pensi di essere arrivato, accade qualcosa che non ti aspetti, io sono finito nel fango fino alle ginocchia, hanno dovuto tirarmi fuori, io stesso ho soccorso alcuni piloti, le ore di sonno sono poche, passi dai -2 gradi di notte ai 30 di giorno, ci sono tappe in cui non ci sono i meccanici, quindi devi stare attento a non rompere la moto, è un’altalena di emozioni che porta al logorio mentale».

Il sonno, le difficoltà, gli ostacoli non hanno mai distolto Ottavio da un pensiero costante: la sua famiglia. «Ho fatto tanti sacrifici, ma i miei cari sono stati, e sono, la mia forza, quando ero lì, in mezzo al deserto, pensavo a loro, a onorare anche la loro passione. Quando rientri dalla Dakar, non vuoi vedere la moto per un po', ma avverti anche un vuoto dentro di te. Non so se la rifarò, ma ormai mi è entrata nel sangue!», ha concluso il pilota, guardando con un sorriso lo schermo dietro di lui, in cui scorrevano le foto a testimonianza della sua impresa, la mente per un momento ancora là, in mezzo alle dune.

Insomma, quello di Ottavio è stato un racconto fatto di momenti di paura, difficoltà incontrate, ma anche tanta emozione e soddisfazione. Perché è questo che correre su una moto nel deserto fa provare. Perché è una gara che ti mette alla prova, nel corpo e nella mente, ma, come si dice… c’est la Dakar!

 

Giulia Nicora

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