Varese | 23 marzo 2023, 07:11

Piero Chiara, 110 anni e non sentirli: dagli scritti dell'autore luinese un monito per salvare l'ambiente

Il 23 marzo del 1913 nasceva uno dei più grandi rappresentanti della cultura della nostra provincia. Oggi, grazie agli studi di Francesca Boldrini, emerge il lato "ambientalista" di Chiara che nei suoi scritti si scagliava spesso contro lo scempio di natura e paesaggi

Piero Chiara, 110 anni e non sentirli: dagli scritti dell'autore luinese un monito per salvare l'ambiente

Centodieci anni e non sentirli, un compleanno quello di Piero Chiara, nato il 23 marzo 1913 a Luino, da festeggiare con il vento in poppa, perché l’autore de “Il piatto piange” ha ancora quasi tutti i suoi libri ristampati, uno zoccolo duro di lettori affezionati e un Premio a lui dedicato che porta a Varese ogni anno, dal 1989, personaggi del mondo della cultura non soltanto italiani. 

Ma c’è di più. Grazie al fiuto quasi archeologico di Francesca Boldrini, che con il marito Carlo Cattaneo possiede la più vasta collezione privata di cimeli dello scrittore, ecco saltar fuori un Piero Chiara ambientalista, in tempi non sospetti, perché il nostro, già nel 1936, scagliava i suoi strali letterari contro lo scempio del secolare parco della villa Crivelli Serbelloni a Luino, in un lungo e documentato articolo pubblicato l’11 marzo da “L’Avvenire del Verbano”. 

«Nel corso delle mie ricerche tra l’enorme mole di scritti di Chiara, mi sono imbattuta in alcuni pezzi pubblicati in anni diversi, in cui denuncia per esempio la paventata costruzione di una strada per collegare il monte di Portofino con i paesi vicini, oppure quella del ponte Laveno-Intra, o ancora mette in guardia politici e amministratori sui rischi che l’Italia avrebbe potuto correre per il dissesto idrogeologico», dice Francesca Boldrini, che ha curato la pubblicazione de “Il limone della vita”, un epistolario tra lo scrittore e l’amico d’infanzia Nino Ferrario, una sorta di percorso di formazione del giovane narratore e sua prima prova letteraria.

«Ho pensato che in occasione dei suoi 110 anni, sarebbe stato interessante scoprirne una vena nuova, perché di solito si parla sempre dei suoi romanzi, delle comparsate come attore nei film tratti dai libri, del grande studioso di Casanova, ma in realtà lui si occupò di un sacco di altre cose, sempre con un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Prima di scrivere qualsiasi cosa, studiava moltissimo e si documentava, ogni parola era messa al posto giusto. Così accade anche nei pezzi “ecologici”, in cui nulla è lasciato al caso», spiega la ricercatrice, che sta lavorando a un fitto e importante carteggio tra Chiara e Cesare Pagnini, podestà di Trieste ai tempi del fascismo e importante studioso di Lorenzo Da Ponte, il librettista di Mozart.

«Ora vediamo sul breve viale per il quale un tempo le berline accedevano alla villa, crescere in pila i tronchi tagliati nell’interno, vediamo sui declivi del colle digradante al lago, sul quale si estende la villa, aprirsi dei vuoti e comparire la terra bruna. È veramente doloroso che l’attuale proprietario della villa non abbia continuato a mantenerle quel decoro che la defunta duchessa curò sempre così assiduamente», scriveva il luinese nel pezzo dell’“Avvenire del Verbano, denunciando la distruzione di alberi e di un progetto di parco settecentesco, vanto di una dimora che vide ospite l’abate Parini.

E ancora, su “Epoca” del 19 agosto 1973, in merito alla ventilata strada di Portofino: «Il mondo che viene avanti, quali richieste ha da fare per Venezia e per Portofino o per altri luoghi consacrati al culto di una forma o ideale di bellezza ormai da pochi inteso e accettato? Che uso viene fatto, oggi, di Portofino? (…) Migliaia di automobilisti ci vengono mattina e pomeriggio, impiegando un paio d’ore per percorrere gli ultimi due chilometri, e avanzando solo pochi minuti per passare in rassegna le bancarelle con le cornici incrostate di conchiglie, spedire una cartolina e mangiare un “paciugo”. (…) È per questa turba di mangiatori e di guidatori della domenica, di esercenti e di rivenditori, che bisognerà salvare Portofino?»

Chissà cosa avrebbe scritto oggi Chiara, della perdurante siccità, dei boschi lasciati incolti, del cambiamento climatico sempre più veloce, degli sfregi ai monumenti e della dilagante stupidità, lui che anche nel denunciare le malefatte conservava una prosa quasi poetica, come dimostrano le righe scritte il 21 luglio 1961 per “La Prealpina”, riguardanti l’idea del grande ponte tra Laveno e Intra. L’autore de “La stanza del Vescovo” bacchetta il direttore della Navigazione del Lago Maggiore e il giornalista del “Corriere”, Fulvio Campiotti, sulla natura dei venti che battono quelle acque, raccontando poi l’azione di inverna e tramontana.

«Dalla descrizione di questi venti sembra uscire, inavvertitamente, il paesaggio del lago Maggiore nel variare delle stagioni e nell’aspetto sempre diverso e sorprendente delle sue giornate luminose. E se il ponte di cui parla con un certo timore l’amico Campiotti non dovesse mai varcarlo, e il suo attraversamento con i traghetti costruirà sempre una remora al traffico automobilistico, vorremmo che fosse merito soltanto dei venti».

Così parlò Piero Chiara, sessantadue anni fa, e oggi tutti noi, preoccupati per una futura guerra per l’acqua o per l’esistenza stessa del nostro malandato pianeta, non possiamo che fargli i migliori auguri di buon compleanno e di lunga vita letteraria. 

Mario Chiodetti

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