Tu sei lì, nella mangiatoia, tra l’asino e il bue, cullato dallo sguardo tenero di Maria e Giuseppe. Noi siamo qui, in mezzo a una tempesta di notizie che ci frastorna. Tentiamo di tenere accesa quella fiammella di speranza che tu ci hai portato 2022 anni fa, ma sappi che è sempre più difficile.
Il coro degli angeli, il belare dei greggi e il vociare dei pastori attorno alla tua capanna qui da noi diventano i boati delle bombe sulla porta di casa, le sirene delle ambulanze e degli allarmi, il brusio spaventato di chi cerca di sopravvivere alla violenza.
«D’accodo - tu dirai - ma il male non l’ho mica inventato io, mi sono fatto uomo per tirar fuori da ognuno di voi quanto di buono mio padre ci aveva messo dentro». Con Putin e i suoi sodali il Creatore deve però essersi distratto, dimenticandosi di distribuire anche a loro il cromosoma, se non della bontà, almeno dell’umanità.
Festeggiare il Natale tra le bombe non è una novità nella storia dell’uomo, ma speravamo che la scienza, la tecnologia e la filosofia ci avessero convinti a trovare altri sistemi per dirimere le questioni. Non è così: siamo andati sulla Luna, abbiamo tenuto testa a pandemie disastrose, realizziamo prodotti che i nostri avi neppure si immaginavano, eppure le questioni le facciamo ancora fuori con il sistema degli Orazi e dei Curiazi. Vince chi sopravvive.
«Ma a Varese - mi farai osservare - di bombe non ne cadono». Certo, per fortuna. Ma se il mondo, la società nella quale siamo immersi, fa dei presunti diritti la propria bandiera, lasciando marcire nel sottoscala quella dei doveri, il futuro non mi pare radioso neanche qui.
È il festival del mugugno. Le luci di Natale? Pacchiane, mediterranee, fuori luogo e costose. Il nuovo ingresso in città dall’autostrada? Chi ci ripagherà dei minuti persi in viale Borri o in via Gasparotto mentre si concludono i lavori? Le strade? Piene di buchi. I marciapiedi? Un attentato. E via lamentandosi, senza mai proporre una soluzione. Che ci pensino gli altri, le amministrazioni, lo Stato, l’Europa.
Ecco, vedi. Tu sei venuto al mondo a Betlemme e non hai delegato ad altri il tuo ruolo. Hai versato lacrime come tutti noi, hai sofferto e ti sei fatto inchiodare alla croce dicendo: “Perdonali, non sanno quello che fanno”.
Noi vorremmo strade perfette, scuole di lusso, ospedali all’avanguardia ma fatichiamo - lo dicono statistiche impietose - a versare le tasse che fanno marciare questi servizi. Comincino gli altri, vadano avanti gli altri che io intanto ci penso.
Tu non hai perso tempo, sei salito al Calvario e hai cambiato il mondo.
Pensa che a noi basterebbe cambiare l’Italia, o almeno Varese.
A proposito, buon compleanno Gesù.