Verrebbe da citare una canzone di Dalla, in tema bolognese visto che domenica a Masnago arriverà la Virtus: “… Ricorda che a quel muro ti avrei potuta inchiodare, se non fossi uscito fuori per provare anch’io a volare…”.
La canta Alessandro Ramagli, la canta - un po’ triste, riteniamo - la sua bella Verona. Che, a differenza di Venezia, accetta in toto e fin dalla palla a due la musica di Varese, i suoi ritmi, la sua gioia di vivere. E si condanna a morte, senza saperlo: se la lasci fluire libera, la sostanza biancorossa ti uccide.
Pare diventata una regola, valida persino quando la perfezione è tutt’altro che di casa nell’incedere varesino. Sotto al balcone di Giulietta la Openjobmetis va a fiammate per tutti i quaranta minuti: bombarda e poi si ferma, subisce e non rallenta, soccombe a rimbalzo (è un corollario della regola) e non se ne cura, difende solo a sprazzi e spesso paga dazio in area. Alla fine, però, ne scrive 98: come può perdere?
Volete una definizione di felicità? Eccola: avere nella mente cose brutte mentre si commenta una vittoria. Tra esse anche l’attacco fermo degli ultimi cinque minuti del match, giocati in assenza di Ross, il cui primo passo e il cui timing sono abbastanza decisivi per la riuscita compiuta dell'insieme. Oppure le 17 palle perse, forse “normali” per una macchina che gira a queste velocità, eppure in realtà estranee a un gioco che è sì forsennato ma - grande qualità - di solito pure molto molto pulito.
Non così a Verona, dove sono altri numeri a incoronare il giocattolo di Brase: il 42% da tre (miglior prestazione stagionale), le 12 palle recuperate - come sopra - e i 7 uomini in doppia cifra, anche in questo caso un “top” del 2022. E allora torniamo a prima, torniamo alla sostanza: anche nella gara meno esteticamente entusiasmante dell’ultimo mese e mezzo, Varese trova ancor più consapevolezza della propria forza.
Tra i 7 alfieri menzione di giornata per Thomas Woldetensae, uno che per un po’ è sembrato pagare la colpa di essere stato troppo “bello” nelle sue prime partite giocate in maglia prealpina lo scorso anno. Quei canestri da ogni dove e quei bottini da leccarsi i baffi le aspettative le hanno gonfiate tanto, forse troppo: questa la lettura degli alti e bassi dei mesi successivi, fino a oggi. Quando Tomas si è preso l’occasione di riscoprirsi bomber, ha ritrovato la sua scanzonata libertà di tripleggiare, è ritornato spavaldo e sicuro.
La verità è che nessuno in questa squadra può sentirsi triste o senza titoli: la cura e lo spazio ci sono per tutti.
C'è chi stasera esulterà per le cinque vittorie consecutive o per il terzo posto confermato, ma per noi il numero da cerchiare è il 6, con davanti il +. È la distanza che separa i nostri eroi dal nono posto: fiammate sì, fuoco di paglia no.