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Opinioni | 05 luglio 2022, 09:00

Dal Po desertico alla Marmolada scarnificata: la Natura è stremata ma noi le dichiariamo guerra ogni giorno

Il disastro della Marmolada è soltanto la punta dell’iceberg, con la crisi idrica che ha prosciugato i fiumi, temperature sempre più alte e temporali diventati monsoni. Ma noi non ci facciamo domande e non modifichiamo il nostro stile di vita. Cerchiamo di riflettere, se ancora ci è rimasta un po’ di sensibilità, e invertire la tendenza allo spreco e al menefreghismo. Se vogliamo che i nostri figli possano ancora sapere cos’è un orso, un larice o un Natale con la neve

Dal Po desertico alla Marmolada scarnificata: la Natura è stremata ma noi le dichiariamo guerra ogni giorno

Tra una ventina d’anni o anche meno, con buona probabilità il ghiacciaio della Marmolada non ci sarà più, sbriciolato dal caldo tropicale che lo fa ritirare di sei metri ogni anno e ha fatto registrare negli scorsi giorni l’incredibile temperatura di 10 gradi centigradi in vetta alla montagna.

L’ambiente trascorre la sua agonia determinata dalla sconsideratezza dell’uomo, che nonostante gli infiniti campanelli d’allarme da ogni parte del pianeta, continua imperterrito a distruggere foreste, fiumi e mari e interi ecosistemi, a fare guerre e a consumare risorse ormai già estinte per produrre il superfluo, inquinando e continuando a procrastinare le scadenze per ridurre o eliminare le emissioni di anidride carbonica e gli imballaggi in plastica. Intanto consumiamo, poi si vedrà.

La tragedia della Marmolada non era certo imprevedibile, da maggio l’anticiclone africano pompa aria bollente sull’Europa, il mare Mediterraneo è tiepido, l’inverno ha portato pochissima neve, così il ghiaccio si scioglie dando luogo a rivoli d’acqua che ne causano il movimento e il distacco di seracchi «grandi come grattacieli», come ha affermato Reinhold Messner, che ha scalato tutti gli 8000 esistenti sulla Terra e ha ammonito gli alpinisti a non salire in quota di questi tempi.

Il ghiacciaio della Marmolada si è ridotto dell’80 per cento da 100 anni a questa parte, ma di oltre il 40 per cento dal 1980 in poi, con un’accelerazione spaventosa nell’ultimo decennio. Le più alte temperature mai registrate al mondo datano tutte dal 2000 a oggi. Le montagne sono il primo indicatore ambientale, sensibilissime ai cambiamenti per la complessità dei loro microclimi, e sono profondamente mutate per una concomitanza di fatturi indotti dall’uomo.

Dall’abbandono e dall’incuria dei boschi, agli incendi dolosi, al turismo sconsiderato e alla cementificazione, per non parlare dell’aumento esponenziale delle temperature anche invernali, accompagnate dalla drastica riduzione delle precipitazioni nevose. 

Il disastro della Marmolada è soltanto la punta dell’iceberg, con lo spettro della crisi idrica che ha desertificato fiumi come il Po, con l’ingresso di acqua salata dall’Adriatico per trenta chilometri per la scarsità di flusso, cosa mai successa a memoria d’uomo. Da novembre non ci sono precipitazioni significative, i temporali ormai hanno caratteristiche monsoniche, grandi quantità di pioggia che scorrono sul terreno inaridito senza irrorarlo e causando disastri anche per la potenza del vento, lo zero termico staziona a 4mila metri da maggio, il primo semestre del 2022, a detta dei meteorologi, è stato il più caldo di sempre, con il nord Italia che ha fatto registrare quasi un grado e mezzo costante più alto della media. 

Le minime notturne fino a 26 gradi, in giugno, sono simili a quelle di Singapore, con l’acqua del Mare Nostrum che registra fino a 28 gradi, un brodo tropicale che investito dell’aria bollente del Sahara convoglia grandi masse umide responsabili di un’afa che si taglia con il coltello.

Di fronte a tutto ciò noi continuiamo a consumare e a non farci domande, a non pensare allo scenario spaventoso che attende chi nasce oggi, a sbeffeggiare Greta Thunberg e gli ambientalisti, considerati delle Cassandre, incapaci di qualsiasi sacrificio anche minimo a scapito del nostro egoismo, prigionieri di un comportamento da struzzi. Non riusciamo a rinunciare nemmeno al più piccolo dei nostri privilegi, pensiamo -come nel caso di una malattia fatale- che non debba toccare a noi o quantomeno che il clima si aggiusterà da solo o che qualcuno ci penserà prima o poi, intanto continuiamo così, facciamoci del male.

Differiamo ogni sorta di attenzione verso l’ambiente, continuiamo ad abbandonare rifiuti, a lamentarci perché differenziare costa più tempo e precisione e quindi meglio gettare tutto nel bosco o nel lago, magari di notte, come i malfattori. Il qualcuno che dovrebbe cercare di migliorare la situazione -è già troppo tardi, ma qualcosa si può ancora fare- è ognuno di noi, a partire dai bambini, che vanno educati subito a non sprecare, a riciclare, a non desiderare il superfluo, a non inquinare, a rispettare la natura e gli animali. 

Siamo schiavi delle abitudini, per fare un chilometro prendiamo la macchina, perdendo magari mezz’ora in coda mentre a piedi o in bicicletta saremmo arrivati da un pezzo guadagnandoci in salute, non rifiutiamo il sacchetto di plastica al supermercato o in negozio per la pigrizia di munirci di una sporta come usava un tempo, usiamo e gettiamo oggetti di ogni sorta senza cercare nemmeno di ripararli, percorriamo le montagne, i boschi, i laghi e il mare senza conoscerli, senza sapere quali animali, piante e fiori li popolano, ma cercando soltanto di “consumare” la natura come si fa con un piatto di spaghetti alle vongole. 

Senza arrivare alla follia della guerra vera, in nome di un dominio ridicolo quando ormai la Terra non ha molti anni da vivere, dichiariamo ogni giorno guerra all’ambiente, consapevolmente o inconsapevolmente, senza renderci conto che la vera battaglia è quella per la vita sul pianeta, e la ricchezza più grande non è certo il denaro ma l’acqua, senza la quale ogni forma di esistenza è preclusa.

Guardiamo le immagini del Po ridotto a un deserto di sabbia, quelle della Marmolada, scarnificata e pietrosa senza le sue nevi eterne, delle isole di plastica galleggianti vaste come regioni, della foresta amazzonica distrutta a ettari al minuto o, più vicino a noi, la cresta del Campo dei Fiori devastata dallo scirocco anomalo di qualche anno fa, e cerchiamo di riflettere, se ancora ci è rimasta un po’ di sensibilità, e invertire la tendenza allo spreco e al menefreghismo. Se vogliamo che i nostri figli e, se saremo virtuosi, forse i nipoti, possano ancora sapere cos’è un orso, un larice o un Natale con la neve. 

Mario Chiodetti

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