Messo alle strette, Stefano Malerba ancora non sa scegliere: se gli chiedi se si sia trovato meglio nel ruolo di “gran sacerdote” del consiglio comunale varesino oppure in quello attuale di assessore allo Sport (e alla Gestione del personale, nonché dello Sviluppo Tecnologico), la risposta è salomonica.
Che l’operatività del nuovo cimento pubblico non gli dispiaccia di certo, però, lo si capisce dalla chiacchierata che segue, ricca di sguardi su un futuro necessario a «lasciare qualcosa di tangibile a questa città».
Assessore, in campagna elettorale ha posto l’accento non solo sulla prosecuzione del rinnovamento degli impianti sportivi cittadini, ma anche sul miglioramento della loro accessibilità: conferma questi intendimenti?
Sì, e mi voglio soffermare subito sul secondo aspetto. Abbiamo la fortuna di avere sul nostro territorio persone e associazioni che fanno un lavoro straordinario per lo sport dei disabili: deve essere un’opportunità da cogliere. E non penso solo al doveroso miglioramento dell’accessibilità degli impianti, ma anche alla realizzazione di strutture espressamente dedicate a questo tipo di attività, in grado di valorizzarne le prerogative, anche guardando alla medicina sportiva. I bandi legati al PNRR non sono ancora usciti, ma l’idea di utilizzare parte delle risorse a questo scopo è ben presente nell’amministrazione.
Di quali ordini di grandezza economica si parla? E come si intercetteranno questi finanziamenti?
Le risorse che il Piano dedicherà allo sport non saranno infinite. E per intercettarle sarà poi necessario presentare progetti innovativi e idee, per il tramite di uffici competenti. Abilità che Varese in questi anni ha dimostrato di possedere, visto che la città sta cambiando grazie ai bandi. Di lavoro ne abbiamo fatto tanto e tanto c’è ancora da fare.
Dove soprattutto, per quanto riguarda la sua partita?
Due sono a mio giudizio i problemi prioritari: la piscina e lo stadio. Sono impianti datati, non più completamente funzionali: il loro destino è sul tavolo dell’amministrazione. Che poi, intendiamoci, mai potrà permettersi di pensare di rifare da sola uno stadio: non ne ha la forza economica. C’è allora bisogno di una stretta collaborazione con i privati, con chi possa non solo sostenere i costi ma avere anche l’ambizione di trasformare una struttura sportiva in una fonte di reddito, rendendoli poli-funzionali. La strada è segnata: stiamo cercando le persone giuste con cui aprire dei canali di interlocuzione.
Quando pensa alla piscina pensa a una sua ristrutturazione della Comunale oppure a una nuova realizzazione in un’altra zona?
Stiamo facendo valutazioni economiche per capire quale possa essere la soluzione migliore. Di certo è vero che lo spazio intorno all’impianto di via Copelli, inteso come parcheggi e possibilità di sviluppare altre attività, non è molto…
Da una piscina a un’altra (potenziale): ci sono novità sul destino dell’area ex Aermacchi?
Nessuna per ora: il progetto è fermo, ma spero vivamente possa riprendere. La salvaguardia del passato non deve diventare puro sentimentalismo, ma avere una logica: lì è stato fermato un programma che doterebbe Varese di impianti all’avanguardia che ancora mancano.
Due realtà sicure saranno invece il nuovo palaghiaccio e il nuovo palazzetto: quali sono i tempi di “consegna”?
Per quanto riguarda il palaghiaccio sono certo che con la nuova stagione le società del ghiaccio di Varese riavranno una casa accogliente ed efficiente. Mi rendo conto dei disagi che la decisione di rinnovare il Palalbani ha comportato, ma proporre soluzioni alternative era difficile e l’impianto non poteva andare avanti. Per ciò che concerne il Lino Oldrini siamo in una fase ancora progettuale, pronta a diventare esecutiva. Anche in questo caso i tempi non saranno lunghi. E nemmeno, ci hanno assicurato, gravosi i disagi.
Riuscirà lo storico tempio del basket a trasformarsi davvero in una fonte di reddito?
Penso che Luis Scola, un valore aggiunto, sia la persona giusta per riuscirci. Sarà un tassello fondamentale del futuro di quella che rimane la realtà sportiva più importante del nostro territorio.
Sta seguendo la “rinascita” attuale della Pallacanestro Varese? E il bel campionato del Varese, così come dei Mastini?
Seguo tutto, anche se mi si vede poco allo stadio o al palazzetto: per carattere non amo le passerelle. Ma sono molto contento: il basket sta ritrovando il bandolo della matassa, il calcio fa buoni risultati e ha un progetto solido alle spalle, lo stesso si può dire dell’hockey. Insieme a loro però ci sono 224 associazioni sportive, la cui funzione sociale è fondamentale: la mia attenzione andrà sempre tanto anche a loro.
Olimpiadi Invernali 2026: quale sarà il ruolo della nostra città?
Penso che possa essere importante. Il palaghiaccio ci darà, anche in confronto con Milano, lo spazio per rispondere alla domanda delle nazionali che vorranno venire ad allenarsi. Ma non ci sarà solo quello: io penso anche allo sci fondo…
Spieghi.
Con quella di Brinzio abbiamo la pista di fondo più vicina che ci sia in Italia a un’area densamente urbanizzata, quale è Milano: è solo a 45 km di distanza. L’idea è allora non solo di sfruttarla, ma di allungarla collegandola con la Rasa, dotandola di un sistema di innevamento artificiale.
A quel punto mancherebbe solo di realizzare il “sogno” di un collegamento ferroviario tra Varese e Milano in 29 minuti, come auspicato anche da lei nell’ultima campagna elettorale. Davvero solo un sogno?
No, un obiettivo. Perché per Varese sarebbe un’opportunità unica al mondo. Vorrebbe dire rimettere in moto tutta l’economia della città ed entrare praticamente a far parte dell’area metropolitana. E allora non sarebbe così irrealistico immaginare il signore che parte da Milano con gli sci di fondo sulle spalle per utilizzarli alla Rasa oppure con la bicicletta per fare un giro al Campo dei Fiori o andare sul lago a fare canottaggio o in qualunque altro posto di quella palestra a cielo aperto che è la nostra zona. Certo, a questo traguardo non deve credere solo Varese, ma tutto il territorio…