Non fece in tempo a cogliere i frutti della sua battaglia. Ed era appena maggiorenne. Il gallaratese Angelo Pegoraro, nome di battaglia Falco, non poté vivere le esperienze che un giovane come lui si meritava, forse si aspettava. Colpa della guerra: venne giustiziato nel gennaio 1945. Colpa della vocazione alla libertà: fu partigiano. È stato ricordato oggi, nella via che porta il suo nome. Al cippo con il suo volto, affiancato dai vessilli dell’Anpi.
Contesto: scarsa partecipazione di residenti che pure, ogni giorno, transitano davanti alla sua foto. Forse scarsa consapevolezza. Presenze politiche e istituzionali. C’era l’assessore Claudia Mazzetti: «Non è la prima volta che intervengo a questo momento, dobbiamo tenere viva la memoria dei giovani, furono loro a pagare il prezzo più alto». C’era, ad accogliere e introdurre, il presidente di Anpi Gallarate, Michele Mascella. «Ragazzi come Pegoraro – ha fatto presente - comandavano anche 20 persone. Avevano la responsabilità del comando». Ricordo affidato a Osvaldo Bossi (referente Pci).
Ad ascoltare, fra gli altri, i consiglieri comunali Margherita Silvestrini, Anna Zambon, Carmelo Lauricella, Cesare Coppe. Messaggi forti, fra un’auto e un ciclomotore. Bossi, a conclusione di un riepilogo sull’esperienza umana di Pegoraro (e di Vittorio Minelli, catturato nello stesso contesto, fucilato a distanza di qualche settimana): «Quelli come Pegoraro furono i veri partigiani, gli antifascisti, quelli che scacciarono l’invasore […] In questi giorni, c’è chi si proclama nuovo Cnl (Comitato di liberazione nazionale, ndr) contro una presunta dittatura sanitaria. Addirittura citando nomi di partigiani, come Giovanni Pesce. La figlia ha risposto con fermezza. Non permetteremo che si equipari la lotta di Liberazione con questo tentativo di mettere un cappello di dignità a una battaglia individualista sostenuta dagli stessi che a dicembre hanno assaltato la Cgil a Roma».
Intervento di Stefano Rizzi (Cgil, presente a titolo personale) su possibili iniziative relative a un murale storico (partecipò alla realizzazione lo stesso Osvaldo Bossi) e chiusura affidata a Ester De Tomasi (Anpi provinciale): «Angelo Pegoraro ha vissuto con la tenerezza nel cuore e l’idealità nella mente. Si è battuto contro i nazifascisti. Che hanno seminato morte, sangue, fame, disperazione. Dobbiamo essere i portavoce di quelli come lui. Dei partigiani».