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Calcio | 05 dicembre 2021, 00:01

Maurizio Giovannelli: «Il Peo? Ordine, disciplina e... qualche pedata nel sedere. Giocare al Varese è stata una fortuna»

Dal suo Naviglio al Sacro Monte vestendo la maglia biancorossa, tra qualche sgridata e il ricordo di tifosi unici: «Io e Montesano eravamo spesso nei premi. Lui era matto, ma fortissimo: un brasiliano... Eravamo un bellissimo gruppo e ci troviamo ancora per giocare insieme»

Maurizio Giovannelli, a sinistra in maglia Catania, a destra in una figurina Panini con i colori del Varese

Maurizio Giovannelli, a sinistra in maglia Catania, a destra in una figurina Panini con i colori del Varese

La carriera calcistica di Maurizio Giovannelli parte da Cernusco sul Naviglio, per poi passare alla Milanese e approdare, a 18 anni, al Varese: saranno tre gli anni al Franco Ossola, con 88 partite all’attivo. Dopo le stagioni in biancorosso, le esperienze al Genoa, al Como, alla Spal, all’Avellino, al Catania, all’Ascoli, al Cosenza e al Cagliari, dove chiude la carriera nel 1990. Complessivamente, Giovannelli ha conquistato cinque promozioni, due dalla C alla B e tre dalla serie B alla serie A.

Giovannelli, ci racconta i suoi inizi di carriera?
Iniziai giovanissimo: giocare a pallone era la mia vita, fin da bambino avevo la voglia e il sogno di giocare in serie A. Per mia fortuna arrivai a Varese giovanissimo, facendo la trafila negli Allievi, nella Primavera e poi nella Prima squadra. Lavoravo come commesso in un negozio di abigliamento all’ingrosso e facevo la spola con il treno per Varese. Non volevo stare al Collegio De Filippi, avevo nostalgia del mio Naviglio… Viaggiavo con il compianto Brambilla e l’amico Magnacavallo. 

Che ricordi ha?
Quando penso a Masnago rivedo il Sacro Monte e penso alla fortuna di essere stato lì, a quanto mi abbia dato questa città in termini di affetto e amicizia. Ancora adesso abbiamo una chat di gruppo dove l’amico varesino ed ex compagno biancorosso Gianfranco Mulas organizza eventi e partite dei gloriosi ragazzi degli anni 60. Siamo reduci dalla partita di Lanzo d’Intelvi dove siamo stati insieme due giorni e ci siamo divertiti come ai vecchi tempi.  

Nella sua carriera ha avuto diversi allenatori. Chi ha avuto particolare importanza per la sua carriera?
Maroso sicuramente. All’inizio è stata dura, durissima. Ordine e disciplina, con qualche calcio nel sedere, erano il suo mantra. Onestamente ero un po’… discolo, sia io che l’amico Montesano: spesso per punizione finivamo a fare fiato facendo le gradinate del Franco Ossola. Però è servito tanto, visto che il Peo creò un gruppo di calciatori di livello   e i suoi insegnamenti sono serviti tantissimo, a me e a tanti altri, per il proseguo della carriera. Un altro mister a cui devo molto è Giovanni di Marzio, persona davvero speciale.

È vero che lei ha giocato in tutti i ruoli… compreso il portiere?
Sì, ho giocato da mediano, da difensore, da centrocampista e in una partita al Genoa  sono stato costretto ad andare in porta per l’ultimo quarto d’ora perché il nostro portiere era stato espulso. perchè era stato espulso il nostro portiere.

Un ricordo particolare dei suoi compagni biancorossi?
Tanti, tantissimi. Vorrei ricordare due portieri che ci hanno lasciato, Ciuffo della Corna e Piero Mascella. Ricordo bene Montesano, un genio del pallone un po’… matterello. Era l’incubo di Maroso: partiva dalla difesa dribblando gli avversari, senza passare il pallone; arrivava fin davanti al portiere avversario e cercava di fargliela passare in mezzo alle gambe. Quando non riusciva per il mister era il momento delle imprecazioni. Anche a Palermo infiammava i tifosi e tuttora è un loro idolo. Ho un aneddoto a riguardo: nel periodo in cui giocava in Sicilia, per allenarsi a dribblare giocava nel cortile della sua palazzina con il suo fedele cagnolino cercando di non fargli mai prendere la palla. Aveva la tecnica di un giocatore brasiliano.

Lei ha concluso la sua carriera a Cagliari: ha conosciuto Gigi Riva?
Riva era, ed è, l’idolo della Sardegna. Veniva a vederci negli allenamenti e si interfacciava spesso con Greatti, suo compagno di squadra dello storico Scudetto, e con mister Ranieri. Con noi calciatori non parlava mai, era molto rispettoso dei ruoli, ma bastava un suo sguardo per farci capire molto cose. Un sua occhiata valeva più di tante parole.  Un vero leader, carismatico ed empatico.

Cosa fa oggi Giovannelli?
Sono in pensione. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, ho allenato qualche anno in squadre vicino alla mia città. Ho lavorato come commesso in un negozio di scarpe di un amico ed ora guardo le partite. Mi appassiona il calcio femminile e mi piace molto il gioco che ha impostato Milena Bertolini in Nazionale.

Come chiudiamo quest’intervista?
Con l’augurio che il Varese torni presto in serie B, la sua giusta collocazione. Auguro un Buon Natale a tutti i tifosi, che ho nel mio cuore. Un abbraccio anche a tutti i miei compagni di quei mitici anni. Intanto vi anticipo che Mulas sta preparando un evento calcistico di vecchie glorie per la prossima primavera: invito già da ora i tifosi a venire a vederci....Vi assicuro che ne varrà la la pena. Magari abbiamo qualche annetto in più e un po’ di pancetta, ma ci sarà comunque da divertirsi.

Claudio Ferretti


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