Non è così difficile, purtroppo, il commento sui biancorossi stasera. Volendo si potrebbe riassumere in tre parole: crisi di rigetto.
I faticosi, ma all’apparenza non così labili, equilibri costruiti nell’emergenza e nelle assenze, fruttati le vittorie contro Trieste e Tortona, sono completamente saltati con l’inserimento in squadra di Marcus Keene e il re-inserimento di John Egbunu. Sul parquet della Vitifrigo Arena si è vista una Openjobmetis da precampionato: è stato quasi impressionante il passo indietro. Sgombriamo subito il campo da equivoci, prima di entrare nell’analisi: il tempo per lavorare c’è tutto, così come la piena e fragrante fiducia verso chi questo lavoro lo dovrà compiere. Attenzione però. Se fra poco la Fortitudo dovesse vincere contro Tortona, il fondo della classifica sarebbe certificato e, se non dovesse farcela, poco cambierebbe: la situazione sarebbe critica e urgente comunque.
I dubbi della vigilia e delle ultime settimane sul possible impatto dei due significativi cambiamenti nel roster si sono rivelati incubi. In difesa e in attacco.
La prima. La Vuelle ha dominato in area, colpendo ripetutamente e straripando a rimbalzo: 94 i punti subiti, 53 solo nel primo tempo. Né la zona, né l’uomo nulla hanno potuto contenere. E sono tornati gli errori, come i tanti canestri subiti sui tagli dal lato debole.
Egbunu non è stato in grado di sostituire al meglio Sorokas (no, non abbiamo sbagliato il senso della frase…): indietro atleticamente, distratto come nelle sue peggiori partite, fuori posizione, trasportato spesso e volentieri fuori lontano dal pitturato e quindi impossibilitato ad aiutare . Male anche Keene: il fisico non gli consente granché, ma lui ci ha messo del suo lasciando troppo il primo passo agli avversari.
E’ mancato il filtro degli esterni, in generale. I secondi tiri concessi con uno spirito caritatevole degno di miglior causa hanno fatto il resto.
In attacco è andata pure peggio. L’aggiunta del “nano” ex Cedevita ha scompaginato letteralmente le gerarchie, perché il nostro è tutt’altro che timido: 12 tiri di cui solo 3 segnati. Risultato? Gentile, il leader offensive Gentile, al 30’ aveva tirato solo 6 volte, Beane e Jones sono tornati a far valere solo il loro lato selvaggio, Egbunu non ha visto un pick and roll centrale che fosse mezzo (ma ha anche perlopiù sperperato i servizi ricevuti) e in generale Varese è andata di solismi, di rimbalzi contro muri duri e poco pietosi. Come nelle peggiori prestazioni di questo quarto di stagione.
L’unico che davvero si è salvato è stato Kell, perché ha “atteso” il match, senza soffrire di “astinenza” come invece capitato ad altri nella convivenza con il nuovo.
La Varese di quest’anno non sarà mai, nemmeno nella più matura delle sue sembianze, una squadra ordinata, "canonica", esecutrice e "catechizzata" come quella guidata da un allenatore alla Caja, per esempio. Le indivdualità sono troppo marcate, le caratteristiche tecniche pure e forse anche il talento potenziale non lo consentirebbe. La Varese di quest’anno andrà sempre lasciata un po’ a briglie sciolta.
E questo di per sé non è mica un peccato.
Ma occorre forse riflettere finalmente e seriamente sul concetto di libertà offensiva: il parquet di Pesaro, ahinoi, l’unico gusto che ci ha lasciato addosso è quello dell’anarchia.