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Enogastronomia | 04 dicembre 2021, 07:00

La cassoela "made in Busto": un piatto, diverse varianti

Una stagione lunga: da noi è anche tradizione che il giorno dei morti si mangi la prima cassoela dell’anno con le verze appena gelate. Un suggerimento? Bere un bicchierino di grappa prima del pasto

(foto dal sito della Regione Buonalombardia)

(foto dal sito della Regione Buonalombardia)

Questa volta parleremo della cassoela, e già il nome e la sua origine, nelle tante versioni dialettali si prestano a lunghe divagazioni. E poi c’è il santo, Sant’Antonio, non quello da Padova ma l’abate nato in Egitto nel III secolo d.C. e vissuto a lungo nel deserto e che è quasi sempre rappresentato con affianco un maialino.

La sua fama è quella di protettore degli animali anche se i suoi seguaci, i maiali, non tanto li proteggevano ma li allevavano per poi cucinarli e per utilizzare il loro grasso a scopo terapeutico e conservativo. Questo piatto si può ritrovare in tutto il bacino del Mediterraneo e sempre col significato di umido, di spezzatino.  Lo troviamo nel vocabolario milanese - italiano del Cherubini, edito nei primi anni del 1800,  anche se la ricetta è diversa tra il cassoulet provenzale, la cazzoligghia siciliana e la Cassola sarda.

Le sue varianti nella cucina bustocca  sono diverse: vi è la cassoela  “cont ul pescio” ovvero il piedino, quella “cont ul cuén” ovvero il codino, fatta con verze e cotenne.A busto il culto di Sant’Antonio va di pari passo con quello per la cassoela rigorosamente d’obbligo nel  giorno dell’anniversario della morte del santo il 17 gennaio ma a Busto è anche tradizione che il giorno dei morti si mangi la prima cassoela dell’anno con le verze appena gelate.

Il Cerini nel suo Cuoco gentiluomo ci dice: i milanesi la chiamano cassoela  ed esclusivamente è composta di maiale. Si deve mangiare d’inverno, quando si macellano i maiali migliori e quando si dispone di belle verze lasciate bianchire nell’orto sotto una coltre di foglie secche che possibilmente abbiano subito una bella gelato sotto zero. Il nome cassoela ha una certa assonanza con il francese cassoulet dal quale forse è derivato; questo infatti si cucina in un recipiente la Cassolle di terracotta e ha per base il maiale stufato con fagioli bianchi.

Ed ecco la ricetta bustocca: costine di maiale cotenne e verzitti (salamini) e se si è fatta per molte persone si può aggiungere qualche zampetta. Se le cotenne sono troppo grasse smagritele togliendo il grasso col filo di coltello. Un bel padellotto sul fuoco, metteteci del burro fatelo rosolare con un pezzettino di cipolla, aggiungete delle carote e del mondati e poi dentro la carne di maiale e fate cuocere il tutto senza tanta premura. Da parte in un pentolone fate scottare le verze in modo che lascino l’acqua che contengono. Rivoltatele di sovente per evitare che si brucino. Quando le verze hanno lasciato l’acqua, toglietele e mettetele a scolare in modo che si asciughino bene. Quando la cassoela è quasi cotta mettete le verze nella pentola del maiale e date fiamma alta in modo che tutto si amalgami bene e le verze assorbano il condimento.

La casseola va salata e pepata di prima cottura e le verze vanno salate appena messe in pentola per scottarle. Prima di aggiungere le verze al maiale potete se volete sgrassarle la cassoela con una spruzzata di vino. La cassoela va mangiata col pane misto ma non è proibito mangiarla con la polenta. È da accompagnarsi un vino rosso robusto. Una piccolo suggerimento è quello di bere un bicchierino di grappa prima di iniziare il pasto in modo da poter meglio digerire il piatto.

Magistero dei Bruscitti-www.magisterodeibruscitti.org

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