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Opinioni | 06 luglio 2021, 07:40

L'OPINIONE. «Come è bello far l'amore da Trieste in giù». Adesso sarà un po' meno bello, Raffa

Gli occhi catturavano il cuore, e le gambe erano da Oscar: Raffaella Carrà piaceva alle mamme e alle nonne, e parecchio ai gay, perché tutto in lei aveva un ritmo perfetto, come nel ballo, non un lacrima fuori posto. Timida solo nella sua malattia, ma «l'importante è che la morte ci trovi vivi»

L'OPINIONE. «Come è bello far l'amore da Trieste in giù». Adesso sarà un po' meno bello, Raffa

Con Raffaella Carrà se ne va un’altra Italia, quella del sorriso e della gioia, del contatto tra i corpi, della musica scacciapensieri, di un ombelico che credevamo fosse quello del mondo. Raffa era il sogno erotico di noi adolescenti, il casco d’oro arrivato dopo quello della Caselli, per noi troppo prematuro, l’immagine della felicità contagiosa e soccorrente. 

La sua era un’Italia seduttiva, ancora in bianco e nero ma fascinosa di volti e pensieri, di leggendarie “Canzonissima”, con Albertone Sordi fuori giri per il “tuca tuca” addominal-pelvico della Raffaella, giovane e scatenata showgirl capace di mettere in atto una rivoluzione del costume dalla cintola in su, di dire agli italiani: allora si può fare.

Discendeva da un brigante, il Passatore, almeno così vuole la leggenda, e brigantissimi aveva gli occhi, con cui catturava i cuori, e gambe da Oscar, giovanissima girò un film con Frank Sinatra che le regalò una collana e oggi finirebbe sotto processo per molestie. Era una donna universale, che piaceva alle mamme e alle nonne e parecchio ai gay, per i quali è stata un’icona, soprattutto nella versione matura, quando coprì l’ombelico e si mise a fare la televisione del dolore, dopo aver cantato per anni «come è bello far l’amore da Trieste in giù». 

Alcuni flashback di sue trasmissioni resteranno nella storia della televisione, dal Benigni infoiato che la scaraventa sul pavimento dello studio «quando vedi rosso non capisci più niente tu… che bella chiappa la mia Carrà», ai “miracoli” in diretta con bimbi che di colpo ritrovano la parola, amanti che si ricongiungono, ma Raffaella era camaleontica nell’outfit e nella vita, come gli italiani alla loro massima espressione

Alla fine era diventata una Madonna laica, con seguaci e fedeli, ma tutto aveva un ritmo perfetto, come nel ballo, non una lacrima fuori posto, una frase, un pensiero, lei danzava sul mondo e sui dolori e se poteva risanava gli spiriti, da buona bolognese amante dei piaceri, senza la cupezza baritonale dell’attuale Signora dei dolori Maria De Filippi.

Un’intrattenitrice nata, cantante, soubrette, ballerina, intervistatrice, conduttrice, attrice, in grado di mutar pelle come l’Italia nel corso degli anni, fiutando in netto anticipo i gusti del pubblico, come i grandi artisti o i visionari. Per lei, attiva fino in fondo e timida soltanto nella sua malattia, vale l’aforisma di un altro grande protagonista della televisione d’autore, Marcello Marchesi, signore di mezza età: «L’importante è che la morte ci trovi vivi».

Mario Chiodetti

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