Non è facile definire Stefano Zecchi, a causa della sua molteplice attività: accademico? Certamente, ha insegnato per quarant’anni estetica alla Statale di Milano; giornalista? Sì, scrive spesso articoli sulla complessa realtà culturale, civile e politica dei nostri tempi; filosofo? Sì, oltre ad aver insegnato in diverse università, ha scritto numerosi saggi filosofici; Opinionista? Sicuramente, è presente almeno un paio di volte alla settimana nei talk-show di ogni rete e orientamento politico; Scrittore? Senza dubbio, è autore di diversi romanzi best-seller che pubblica dagli anni ’90 con Mondadori, suo editore di riferimento. Questo è Stefano Zecchi, un veneziano trapiantato a Milano che fa della sua professione non solo lo scopo ma anche la gioia della sua vita.
Zecchi è venuto qualche giorno fa a Sesto Calende per un’intervista richiesta dalla Fondazione Sangregorio Giancarlo, una delle istituzioni culturali più importanti, ma al contempo poco conosciuta in loco, di Sesto Calende. Istituita nel 2011 per volere dello scultore Sangregorio (originario di Milano), la Fondazione ha sede nella stessa casa-museo dove lo scultore ha vissuto e operato per tanti anni e dove si trova la sua collezione di arti extra-europee, di quadri di artisti contemporanei, di libri e, ça va sans dire, delle sue numerose opere, tra cui sculture, tavoli, manufatti.
La Fondazione, nella sua missione di centro culturale, ha dato vita a una serie di interviste a personaggi della cultura e tra questi non poteva mancare uno del calibro di Zecchi. La serie di interviste intitolate “a tu per tu con…” sono curate da Francesca Marcellini (presidente della Fondazione) e vengono condotte dal giornalista Emanuele Beluffi. Andranno in onda nella versione definitiva su alcuni canali social e si potranno vedere anche sul sito della Fondazione (www.fondazionesangregoriogiancarlo.it).
Ma torniamo all’intervista a Zecchi, che ovviamente ruota intorno al concetto di bellezza, concetto che il professore di estetica conosce a menadito. Si comincia analizzando la bellezza di oggi e distinguendola da cattivo gusto e kitsch. Il confronto scivola poi sull’esperienza al Costanzo Show, che ha visto Zecchi sul palcoscenico sin dal 1988. “E’ stata un’esperienza molto importante, Costanzo è una sorta di rabdomante che invitava non solo persone note, ma prediligeva persone che avessero qualcosa da dire. Per me un’esperienza unica e un’occasione per parlare di filosofia a un enorme e insolito pubblico”. L’intervistatore ha percorso con Zecchi qualche momento del suo lungo periodo universitario, poi ha approfondito il suo ruolo abbastanza recente di presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera e l’incarico attuale come presidente del MUSE – Museo delle Scienze di Trento.
Il tema della bellezza e del suo contrario ha poi toccato la situazione delle nostre città, dove una bellezza architettonica e urbanistica consentirebbe agli abitanti una qualità di vita migliore, una bellezza dell’abitare. “Prendiamo ad esempio le periferie di certe città – sottolinea Zecchi – certe scelte sono frutto di una importante responsabilità politica: alcune sono veramente invivibili pur essendo firmate da noti architetti italiani, quasi tutti di sinistra. I quartieri sono stati progettati per altri, il progettista non sarebbe mai andato a vivere lì. Vede, il progettista, l’archistar, disegna i quartieri periferici, ma poi lui vive molto borghesemente in un palazzo d’epoca, che evidentemente conserva dei canoni di bellezza superiori alle sue creazioni”.
Non è mancato un riferimento al momento attuale, alla situazione creatasi in seguito alla diffusione del Covid-19. “Cambierà tutto – sostiene il professor Zecchi – è in atto una rivoluzione che ricorda quanto avvenuto a cavallo dell’800 con la rivoluzione industriale e il conseguente spopolamento delle campagne e l’inurbamento di un numero cospicuo di cittadini. Cambierà l’idea di abitabilità: ogni casa avrà una stanza adibita a studio dove poter lavorare da remoto, mentre le superfici utilizzate dagli uffici si stanno già riducendo. Cambierà il centro di molte città, penso a Milano, che aveva una bella fetta di bar, caffè e ristoranti che vivevano della pausa pranzo di migliaia di impiegati, funzionari, dirigenti. Tutto questo comporterà però anche meno socialità, frequenteremo di meno gli amici e i colleghi. Dobbiamo comunque tenere ben presente che il mondo virtuale non può sostituire la concretezza della socialità e alla fine bisognerà trovare un nuovo equilibrio tra lavoro da remoto e incontri con colleghi e amici. Mi auguro che questo nuovo equilibrio verrà presto trovato.”
Con questo timore e nello stesso tempo con questo auspicio si conclude la chiacchierata tra Stefano Zecchi ed Emanuele Beluffi dal salotto di casa Sangregorio.