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Economia | 01 febbraio 2021, 08:00

Liuc, contro il Covid tecnologia e umanità. Riccardo Comerio: «Dopo trent'anni siamo ancora più comunità»

Il presidente dell'università di Castellanza racconta un anno di emergenza, battuta con investimenti e impegno da parte di tutti. «Siamo nati nel 1991 e siamo sempre più vicini ad aziende e territorio»

Riccardo Comerio, presidente della Liuc di Castellanza

Riccardo Comerio, presidente della Liuc di Castellanza

Febbraio 2021: una data che si può sciogliere in un doppio impatto per la Liuc. Da una parte, riporta indietro di un anno, quando anche l’università di Castellanza si trovò a doversi riorganizzare per l’emergenza Covid. Ha reagito, anzi ne ha tratto nuovi spunti organizzativi e di investimento sul futuro, come racconta il presidente Riccardo Comerio.

Ma elemento chiave è anche il 2021: perché la Liuc è nata nel 1991, quindi trent’anni fa. E si sente più comunità, più stretta al territorio che mai.

Presidente Comerio, ripercorriamo quest’anno e come l’avete affrontato?

Ritengo di aver messo a frutto quella che era un po’ la mia mentalità di retaggio storico da prevenzionista dei vigili del fuoco. Parte da lì quello che posso aver dato nella gestione di questa situazione dal punto di vista operativo. Quindi con la costituzione del Comitato Covid che non era solo un’esigenza legale, ma è divenuta una modalità effettivamente operativa. Ci siamo adoperati per qualcosa che portasse un beneficio e così ha fatto.

Come avete agito per ottenere questi benefici?

Prima di tutto abbiamo portato a bordo una voce scientifica: il dottor Severino Caprioli, già primario dell’ospedale di Busto ed esperto in Infettivologia. Quindi ci siamo fatti appoggiare con una costante presenza per disegnare le nostre procedure. Inoltre, la presenza del Dipartimento di logistica è stato prezioso: questi esperti sono diventati fondamentali per ridisegnare l’ateneo in conformità alle norme. Qui avevamo il professor Dallari con il metro che faceva le misurazioni per l’adeguamento, ma si è agito con un software di simulazione…

Ciascuno ha fatto la sua parte insomma?

Sì e ribadisco, non sulla carta. Noi abbiamo agito per portare un vantaggio effettivo sulla gestione dell’ateneo. Tant’è che il 14 settembre siamo partiti  in presenza, l’abbiamo fatto tranquilli di essere non solo a posto dal punto di vista formale, ma adeguati alla condizione pandemica emergenziale. Così abbiamo affrontato anche la seconda fase, quando siamo dovuti tornare con il modello a distanza e siamo altrettanti sereni e pronti anche per ripartire a febbraio con il modello ibrido.  

Ciò ha comportato anche ingenti investimenti?

Sì, per adeguare la nostra didattica rispetto ai nuovi fabbisogni. Quindi per rendere possibile nelle aule un modello ibrido in cui ci sia anche dinamicità. La tecnologia aiuta, ma richiede appunto investimenti: la lezione a distanza deve permettere di mantenere il coinvolgimento e l’interesse dello studente.  Noi abbiamo speso alcune centinaia di migliaia di euro e con tutti i lavori fatti tra luglio e agosto nelle aule: così c’era la visione di tre telecamere distanti e una dinamicità che manteneva quell’interesse.

Quali sono stati i momenti più difficili, ma anche quelli di speranza, gli incontri pur nelle limitazioni dettate dall’emergenza che le hanno trasmesso fiducia e speranza?

Scindo due aspetti. Il 14 settembre siamo partiti e la sera abbiamo avuto un primo professore positivo. Quindi tu prepari tutto e ti trovi con questo problema, con la tensione che ingenera. Mi ricordo i passaggi con il rettore nei giorni successivi per verificarne le condizioni. Perché vede, questa università ha un taglio legato alla persona: vale per gli allievi, come per i professori.  Questa vicinanza umana è stata anche rilevata all’interno e ha portato alla creazione di un clima ancora migliore, ancora di più una comunità. Abbiamo avuto altri momenti difficili, ma sempre vissuti in piena trasparenza. Il nostro tracciamento è stato mantenuto in tutte le condizioni.

Anche con QR Code in aula?

Sì, questa App ci è costata 20mila euro, ad esempio. L’abbiamo pensata a luglio e realizzata ad agosto. Anche la drammaticità di alcuni eventi è stata vissuta all’interno di una comunità, come le dicevo: c’è sempre stata, ma si è sentita ancora di più.

In fasi così difficili e concitate, com’è stato il rapporto con le aziende, alle prese con le difficoltà economiche dell’emergenza?

Si è ulteriormente determinata anche negli ultimi 12 mesi la vicinanza dell’università al territorio e quindi alle aziende. È espressione di un volere imprenditoriale e nasce nel 1991, ricorre dunque il trentesimo: le imprese non sono più solo della provincia di Varese, ma di un’area più allargata, della Lombardia e anche oltre, come il Piemonte. Ciò permette di mostrare un fattore differenziale rispetto ad altre realtà e si riflette nel placement: la Liuc è una delle migliori  università da questo punto di vista. Siamo, rimaniamo e rimarremo legati alle esigenze delle aziende, del sistema industriale manifatturiero e dei servizi.

Che cosa porterà questo 2021, che segna appunto un anniversario importante, alla Liuc? Voi avete fatto un piano strategico.

La dimostrazione di quello che è un valore presente nell’università, è saper guardare con tutti i rischi del caso, anche in un momento così difficile, e prendere commitment forti con il Cda, proiettando la visione strategica dal 2021 fino al 2025. Il piano ha dato poi una dimensione economica, almeno fino al 2023. Come impegni di investimento e di rapporto con tutti gli stakeholder. Questi sono fondamentali in un’università, con una grossa responsabilità verso il territorio.  

Marilena Lualdi

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