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Sport | 05 novembre 2020, 10:49

Michele Forzinetti: «Lo sport è salute ma non per il ministro Spadafora. Protestiamo restituendo medaglie e trofei»

Istruttore di ginnastica artistica e non solo, volto conosciutissimo in provincia, Michele Forzinetti ha parlato al nostro talk show #Backstage: «Lasciano i bimbi sul divano o davanti alla tv, togliendo loro lo sport che a quell'età è gioco e socialità. Se non contiamo nulla, tanto vale restituire alle istituzioni il frutto della nostra passione e del nostro lavoro»

Michele Forzinetti: «Lo sport è salute ma non per il ministro Spadafora. Protestiamo restituendo medaglie e trofei»

Sport dimenticato ma anche vita sospesa durante il Covid: se ne è parlato nell'ultima puntata di #Backstage, il talk show di VareseNoi in onda ogni martedì sera alle 20.45, e le parole di Michele Forzinetti, istruttore di ginnastica artistica e collaboratore sportivo non solo in provincia di Varese ma anche a Milano e in Valtellina, a contatto con ragazzi anche giovanissimi che praticano attività fisica, fanno discutere e lasciano un segno perché piene di coraggio, competenza, idee e voglia di farsi sentire.

Ospite insieme a Massimiliano Di Caro, ds della Varesina (leggi QUI il suo intervento), Pierpaolo Frattini, direttore generale della Canottieri Varese, e al giornalista di "Sprint e Sport" Vincenzo Basso, Forzinetti ha parlato del suo ruolo alla gloriosa società Varesina Ginnastica e Scherma, ma anche del ruolo dello sport per disabili, ancor più dimenticato di quello per normodotati, e della condizione dei più piccoli privati dell'attività fisica.

LO SPORT E' SALUTE? NON SI DIREBBE... 

«Il mondo sportivo si è attivato in maniera autonoma sulla didattica a distanza molto prima, per esempio, di quanto fatto dalla scuola. Come tutti sanno gli sportivi sono tenaci, a volte abbassano la testa e fanno il lavoro che viene prescritto, perché quello è il fine ultimo. Penso che il ministro Spadafora, invece, abbia "giocato" la sua partita in modo controproducente per lo sport. Mi fa specie che si dica mens sana in corpore sano, o che la nostra attività in Italia sia governata da "Sport e salute", e poi che a questo "corpore" non venga più dato modo di essere sano».«Il contributo che diamo noi sportivi per la prevenzione delle malattie anche stagionali, tenendo le persone in forma fisica che permette di prevenire patologie anche stagionali, non è mai stato preso in considerazione. Se il titolo della trasmissione è "lo sport dimenticato", io aggiungerei che lo sport per poter essere dimenticato, deve almeno essere preso in considerazione mentre non lo è mai stato».

AI BIMBI NON PUOI DIRE: "STAI A CASA"

Mattia Tamiazzo, ex atleta della nazionale, si è ingabbiato a Padova per denunciare l'abbandono e la "prigionia" degli sportivi da parte di governo e istituzioni durante l'emergenza Coronavirus.

«Mattia dimostra che le proteste attuate in maniera pacifica ed eclatante raggiungono l'obiettivo. E' nostro dovere di cittadini prima che di sportivi far sentire il nostro malumore perché viviamo una situazione allucinante. Lavoro con adolescenti, e quello che è accaduto dopo il lockdown è questo: quando bimbi di 5-6 anni entrano in palestra, è difficile farli star fermi perché l'aspetto del gioco e del movimento per loro è fondamentale. I genitori mi chiamavano dopo un mese di lockdown dicendo che i loro figli erano sul divano a guardare tre ore al giorno la tv o il soffitto...
I bimbi sono iperattivi, non possono essere lasciati fermi. Nascono poi problemi con il sonno, con l'alimentazione. Loro devono interagire in maniera diretta molto più dei grandi, e non sui social. Ai bimbi non puoi dire: "Stai a casa". Ogni giorno perso di l'attività fisica, comporta che ne vogliano altri due per recuperarlo». 

SE NON VI SERVE LO SPORT, TENETEVI LE MEDAGLIE

«Il signor Spadafora  dovrebbe mettersi davanti allo specchio e chiedersi: stiamo andando nella direzione giusta? Quali saranno in futuro le ripercussioni anche a livello psicologico sui piccoli atleti di 5 e 10 anni. A livello fisico riprendi, di testa è più difficile. Credo che dovremmo farci sentire in maniera pacata ma forte, le due cose possono andare nella stessa direzione. Come? Prendiamo tutti noi sportivi una medaglia o un trofeo che abbiamo vinto, andiamo dal sindaco e restituiamogliela, dico il sindaco perché rappresenta l'istituzione del territorio che ci è più vicina. Gli atleti si impegnano per raggiungere gli obiettivi ma se a voi non serve lo sport, tenetevi pure le nostre medaglie, perché stando fermi e chiusi non ci servono più. Ci stanno dimostrando che gli sportivi in Italia non sono indispensabili».

«Se penso a tutti questi stop e alle chiusure, guardo avanti e immagino che nei prossimi anni pagheremo con l'abbandono dell'attività sportiva da parte di tanti ragazzi. Ognuno di noi, nel nostro piccolo, deve costruire qualcosa per un settore sportivo che porti atleti italiani alle competizioni nazionali e internazionali. Se blocchi una squadra di pulcini, o li lasci a casa, la catena si spezza alla base, e magari un giorno ti troverai un atleta in meno a livello agonistico». 

NESSUN FOCOLAIO, EPPURE CI CHIUDONO

«Il ministro Spadafora si è lasciato scappare pubblicamente che queste chiusure, anche se non c'erano evidenze di focolai in nessun ambito sportivo in Italia, sono state fatte per diminuire gli spostamenti. Detto dal ministro dello sport... cosa puoi aggiungere. Faccio un altro esempio: a Malnate esiste una scuola per disabili, la Wheelchair School, dove si fa rieducazione motoria su persone che hanno avuto dei traumi... se queste persone in palestra fanno rieducazione, posso anche non chiamarla fisioterapia, ma comunque è un'attività fisica che permette loro di non andare a gravare sulle spese sanitarie. Vogliamo riconoscerla, tutelarla e farla proseguire?»

«Hanno chiuso subito lo sport, la cultura e il cinema perché sono settori non tutelati. C'è un caos legislativo nel nostro settore a livello di inquadramento, contributi, partite Iva... e s'è visto nel momento dell'erogazione dei fondi governativi, dove sono stati equiparati collaboratore sportivi che hanno un altro lavoro a ex sportivi..., mentre le associazioni non hanno avuto un euro. Conosco amici che hanno chiuso la loro attività: come la mettiamo?».

CI TRATTANO COME SCOLARETTI MA SIAMO PROFESSIONISTI

«Io entravo in palestra e mi sentivo sicuro, cosa che non succedeva per esempio andando a fare la spesa, dove non misuravano più neppure la temperatura. Noi sì, e compilavano pure una certificazione... La Varesina ha investito in una tecnologia che prevede lampade sanificatrici costose, soltanto tre società in Italia hanno un sistema simile. Tanti altri si sono dotati di soffiatore, liquido sanificante, mascherine, spendendo migliaia di euro per accogliere soci e sportivi nei loro ambienti, spalmati su più turni. Poi ci trattano come scolaretti, dicendoci che abbiamo una settimana di vita prima di chiuderci... ma siamo professionisti! Quello che manca è l'idea stessa che chi opera nello sport deve essere un professionista».

«E' bello esultare quando vince il nostro sportivo preferito ma dietro, alla base, c'è un lavoro, ci sono vite, ci sono investimenti che non vengono minimamente tenuti in conto. Ministro dello sport dovrebbe essere uno sportivo come Jury Chechi, qualcuno che si sia sporcato le mani e sappia cosa vuol dire fare sport, quali problematiche ci sono. Sicuramente non farebbe scelte illogiche».

PER UN DISABILE LO SPORT E' VITA

Tuo fratello Fabrizio ha praticato handbike, nuoto, alzate di panca piana e insegna ai disabili a Malnate a fare sport anche in carrozzina a a vivere la loro vita con normalità. Lo sport per disabili non viene considerato da nessuno durante il Covid.

«Quest'anno a memoria se ne è parlato dopo l'incidente a Zanardi o grazie a Bebe Vio. A Varese abbiamo la Polha e campioni paralimpici plurimedagliati. Mio fratello  lavoro alla Wheelchair School di Malnate, una delle pochissime scuole in Italia dove si insegna al politatraumatizzato a recuperare schemi motori, anche solo uno spostamento dalla carrozzina alla macchina magari dopo che sei rimasto vittima di un incidente che ti ha cambiato la loro vita».

«La cosa che dispiace di più non è un discorso economico, che stiamo affrontando tutti. La disabilità è associata al cambiamento del ruolo della persona all'interno della società: ci sono molte più persone in carrozzina di quelle che noi vediamo perché non è facile per loro muoversi o essere inseriti nella società. Se io dico a mio fratello: ti do una mano a fare tre gradini perché non ci sono barriere architettoniche in biblioteca, lui se la prende, vuole essere autonomo».

«E' ancora più bello che una persona in carrozzina insegni a un'altra persona in carrozzina a superare queste problematiche. Il fatto è che tanti ragazzi giovani sono sfiduciati: andavano in palestra ad allenarsi un'ora e poi restavano altre due ore, magari a fare socialità. Era un modo per ricostruire un ambiente che, tra casa, scuola e lavoro, non aveva altre connessioni con il mondo».

«Non si parla mai abbastanza di sport per disabili, pur avendo una valenza ancora più forte dello sport per normodotati perché aiuta ancora di più a capire che i limiti sono una costruzione mentale che si può superare. Società e associazioni che se ne occupano sarebbero da tutelare ancora di più delle associazioni sportive. Dovrebbero avere un inquadramento diverso rispetto a una società di calcio, basket o di ginnastica artistica perché sostituiscono lo Stato - che invece dovrebbe occuparsi di questa realtà - in un ruolo fondamentale, fermo restando che questi ragazzi pagano per fare sport e riabilitazione».

Rivedi qui la puntata di Backstage.

A.C.

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