Sciopero nazionale di quattro ore oggi per il settore metalmeccanico che nonostante un anno di trattative non ha ancora ottenuto il rinnovo del contratto; alta, secondo Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil l'adesione dei lavoratori della provincia di Varese che alla Whirlpool di Cassinetta e alla Leonardo Velivoli di Venegono hanno organizzato dei presidi agli ingressi degli stabilimenti e dove lo sciopero è stato di otto ore come anche alla BTicino.
Proprio dalle fabbriche della provincia di Varese si è levata la voce di protesta dei lavoratori, dei delegati sindacali e delle Rsu. «Abbiamo bisogno non solo dell'aumento del salario ma anche di tutele e di formazione visto che il metalmeccanico sta mutando profondamente - afferma Sabrina d'Andrea delegata della Fim della Finnord di Luino - occorre dare valore all'apprendistato, stabilizzare i precari, contrastare il dumping salariale, facilitare il part-time delle donne. Nella nostra azienda che ha un fallimento in corso da un anno e mezzo ci sono tanti mal di pancia». «In Whirlpool a Cassinetta scioperiamo otto ore anche per il mancato rispetto del piano industriale da parte dell'azienda e per la chiusura di Napoli - sottolinea Tiziano Franceschetti della Rsu della Fim - chiediamo che lo smart working venga disciplinato nel contratto, con il diritto alla disconnessione». «I lavoratori in remoto si sentono abbandonati - dice Marinella Scopacasa delegata Fiom alla BTicino - c'è tanta confusione, scioperare adesso è importante perché di lavoro non si parla mai abbastanza, bisogna difendere i lavoratori dalle fake news».
Uno dei temi fondamentali oltre all'aumento dei salari e alle tutele è sicuramente quello dello smart working, a partire dalla Leonardo Velivoli. «Il telelavoro sta aiutando, nella nostra fabbrica lavorano in presenza circa 700 persone su un totale di 2400 - spiega Fabio De Rosa, delegato della Uilm a Cascina Costa - ma il posto di lavoro è luogo d'incontro, c'è necessità di guardare al futuro, si stanno chiedendo grandi sacrifici ai lavoratori». Per Giorgio Zito della Uilm della Leonardo di Venegono «c'è bisogno del contratto, lo smart working partito da un giorno con l'altro ha creato problemi ai lavoratori». «Se cede il metalmeccanico di conseguenza anche le altre categorie crollerebbero - spiega Giuliano Zanetti delegato Fiom alla MV Agusta di Varese - il contratto è importante per noi e per i nostri figli e soprattutto per i lavoratori delle piccole imprese che hanno poche tutele, altrimenti diventeremo tutti precari».
I segretari generali provinciali delle tre sigle dei metalmeccanici della provincia di Varese guardano non solo al presente ma anche al futuro sociale ed economico del nostro territorio; guardare oltre la gestione emergenziale è doveroso, proroga del blocco dei licenziamenti e protocolli di sicurezza anti Covid nelle fabbriche, pur importanti non sono sufficienti. «Quello di oggi è uno sciopero necessario e doveroso contro le posizioni estremiste e pericolose di Confindustria - dichiara Nino Cartosio (Fiom Cgil) - il terzo risultato da ottenere dopo il blocco dei licenziamenti e i protocolli di sicurezza è il contratto. Per la fase post emergenziale chiediamo modifiche sostanziali alle politiche economiche in tema di ammortizzatori sociali, investimenti, riforma fiscale in termini di utilizzo delle risorse in arrivo con il Recovery Fund. No a soldi a pioggia alle singole imprese, per la provincia di Varese occorre puntare sull'aerospazio visto che un quarto del nostro export è legato a Leonardo che è una grande azienda di Stato, che smentisce che "il piccolo è bello". Bisogna lasciare da parte l'ideologia e guardare i dati e di conseguenza fare investimenti mirati». Caterina Valsecchi (Fim Cisl dei Laghi) sottolinea che «la spinta allo sciopero è arrivata dal basso e l'adesione nelle aziende della provincia di Varese è stata elevata, perché evidentemente i lavoratori hanno a cuore il problema della salute e dell'occupazione». Per Angelo Re (Uilm Varese) bisogna «cambiare le politiche salariali che stimolino la domanda e per quanto riguarda Varese bisogna porre fine al nanismo industriale incentivando le fusioni in realtà medio grandi in grado di fare investimenti, altrimenti il lavoro si sposterà in Svizzera o nell'Alto Milanese». «L'atteggiamento arrogante di Federmeccanica e Confindustria non aiuta di certo in questo momento difficile - conclude Fabio Dell'Angelo (Uilm Uil) - non siamo noi ad esserci alzati dal tavolo della trattativa ma la controparte. E' il momento della responsabilità, come sindacati siamo uniti nell'obiettivo di ridare fiducia alle persone; c'è bisogno di partecipazione. Non tutte le aziende del nostro territorio sono al passo dell'innovazione tecnologica, soprattutto quelle Pmi guidate da imprenditori poco illuminati e mancano clamorosamente le politiche attive del lavoro. La politica non deve essere timida, deve anzi intervenire, il sindacato è pronto a fare la propria parte».