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L'ultima contesa | 14 ottobre 2020, 20:58

Un coach, un giornalista, due uomini. L’umanità di Recalcati e Romaniello nelle due dirette di VareseNoi

La terza puntata de L’ultima contesa e la quarta di Backstage hanno dato la fortuna a noi e ai nostri lettori di vivere fino in fondo due personaggi capaci di lasciare il segno

Un coach, un giornalista, due uomini. L’umanità di Recalcati e Romaniello nelle due dirette di VareseNoi

«Dove voi vedete cose ideali, io vedo cose umane, troppo umane». Così scriveva il filosofo Friedrich Nietzsche in Ecce Homo nel 1888. Il suo, di uomo, era un uomo che sbagliava, era un uomo che poteva arrivare a commettere anche cose turpi, era un uomo che si interrogava continuamente in un’epoca di decadenza (forse simile a questa?). Ma era anche un uomo pieno di coraggio. Vero, unico. Un uomo che emergeva, appunto, in tutto il suo essere… umano.

La fortuna di fare il mestiere di giornalista sta proprio nell’incontrare - talvolta - persone siffatte. E di poter apprezzare fino in fondo, immedesimandosi nella loro immanenza, un fragrante senso di umanità. Carlo Recalcati, Vito Romaniello, ma anche l’anestesista e rianimatore dell’ospedale di Circolo dottor Massimo Raso: nelle ultime due puntate di “L’ultima contesa” e di Backstage - i due talkshow settimanali di VareseNoi.it - abbiamo avuto la possibilità di parlare con loro. Hanno lasciato un segno, piccolo o grande lo deciderete voi ascoltando le loro parole.

Diversi loro, diverse le loro storie. Con Recalcati - intervistato da Fabio Gandini e Antonio Franzi - si è parlato ovviamente di pallacanestro ma anche di attualità. E di ricordi (quelli che non si possono cancellare) e di persone (quelle che prendono la tua vita e la portano in salvo). Con il collega Vito, ospitato dal direttore Andrea Confalonieri, che nei mesi scorsi ha lottato fra la vita e la morte dopo aver contratto il Covid 19, ci si è rituffati in un dramma personale capace, però, di far emergere strada facendo tanti aspetti positivi: la forza, il coraggio, l’esempio, la vicinanza delle persone (quelle che prendono la tua vita e la portano in salvo: sì proprio come prima…). Cos’hanno in comune Carlo Recalcati e Vito Romaniello, oltre al fatto di essere stati nostri ospiti? Nulla. Anzi, tutto: sono uomini. E con noi lo sono stati fino in fondo.

Vi riproponiamo le dirette che li hanno coinvolti, per permettere anche a voi di tuffarvi in un’esperienza che per noi è stata unica. Ma prima vi estrapoliamo alcune loro dichiarazioni, senza seguire un particolare filo logico. Tre, semplici, gocce nel mare più grande che sia stato mai creato: l’anima. Nello specifico, la loro. 

Carlo Recalcati sul momento difficile vissuto dalla pallacanestro e dallo sport in generale a causa della pandemia: «Stiamo vivendo un contesto molto delicato. Bisogna avere la coscienza di capire che dobbiamo scegliere delle priorità. E, ora come ora, queste priorità sono il lavoro e la scuola: lo dico da sportivo. Anche lo sport ha il dovere di fare sacrifici per limitare la diffusione dei contagi, scongiurando un nuovo lockdown totale. Chi viene penalizzato da questa situazione, però, non deve essere dimenticato».

Carlo Recalcati sul suo essere più amato a Varese rispetto che a Cantù: «Venire a Varese è un piacere: l’accoglienza a Masnago è sempre fantastica, anche da avversario. Ancora mi ricordo il tributo ricevuto da coach della Fortitudo prima, e di Montegranaro poi, una volta tornato. Da voi sono più amato che a Cantù? Mi sono dato delle spiegazioni: sono cambiate le generazioni e quelle nuove certe esperienze del passato non le hanno vissute. Io sono stato giocatore di Cantù, ma tanto tempo fa, e quindi le nuove generazioni di Cantù mi conoscono tutte come avversario. L’esperienza da allenatore di Varese è molto più fresca: qui ho solo amici»

Carlo Recalcati sull’importanza della moglie nella sua carriera: «Ne è stata parte integrante. Mi ha sempre supportato e nei momenti di difficoltà è stata l’unico appiglio alla mia solitudine, perché nei momenti più difficili un allenatore è sempre solo. La sua capacità di sdrammatizzare e la sua passionalità sono state fondamentali. E tutte le volte in cui io ho dovuto prendere una decisione , mai si è permessa di dirmi “hai sbagliato”… Questo mi ha donato tranquillità e serenità».

Massimo Raso sui sentimenti dei medici di fronte al dolore dei pazienti (soprattutto in questa pandemia): «Noi medici non ci abituiamo mai alla sofferenza e al dolore. Abbiamo gli strumenti per farlo, derivanti dalla nostra professionalità, ma siamo esseri umani, come tutti voi. E ci portiamo fuori dagli ospedali ciò che ci colpisce nel profondo».

Vito Romaniello sui giovani: «Io dico alle famiglie di non avere paura, di non frenare i propri figli, persino in questo momento: basta educarli. Bisogna far capire ai giovani la necessità e l’importanza delle protezioni e di un divertimento responsabile. Ma, cari genitori, fate in modo che  essi non abbiano paura: la paura non deve fare parte della loro vita. Devono vivere la loro leggerezza, ma con consapevolezza e nel rispetto delle regole».

Vito Romaniello sui rapporti con i medici durante i mesi trascorsi in ospedale: «C’è chi mi ha guidato giorno per giorno, chi è stato un punto di riferimento, per me e per chi mi curava. Vi racconto un aneddoto. Dopo un sogno che avevo fatto durante il coma, nei primi giorni di risveglio in terapia intensiva, non volevo parlare con mia moglie che da casa - poverina - al telefono reclamava notizie. A Pasqua una dottoressa mi ha portato pizza e birra, che desideravo tanto. Proprio lì in terapia intensiva. “Le vuoi?” mi chiede… “Sì”, rispondo io… “Bene, prima però parli con tua moglie”. Questa è l’umanità dei medici: sono persone che mi hanno dato un senso di squadra mai provato prima».

Vito Romaniello sulla forza della sua famiglia e in particolare della figlia Simona: «Durante il mio coma, Simona ha raccolto tutte le mail degli amici, dei parenti, dei colleghi, e ha tenuto tutti gli audio dei bollettini dei medici, trascrivendoli. E nei momenti più duri confortava mia moglie e suo fratello: “Papà ne sta prendendo tante, come Rocky” - diceva - ma alla fine si rialzerà”. E io come potevo non risvegliarmi con una famiglia e una figlia così?».

Rivivi con noi le due dirette, che riportiamo integralmente qui sotto.

Fabio Gandini


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