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Territorio | 24 maggio 2020, 07:56

«Il Coronavirus ha portato via il mio caro nonno»: gli adolescenti raccontano il loro rapporto con il Covid-19

Il docente luinese Paolo Pellicini ha raccolto in un libro i pensieri di 36 suoi studenti del liceo Internazionale don Bosco di Lugano: «Sono emerse paure, sentimenti, aspirazioni e progetti di una generazione chiusa forzatamente tra quattro mura per due mesi»

«Il Coronavirus ha portato via il mio caro nonno»: gli adolescenti raccontano il loro rapporto con il Covid-19

«Il virus ha portato via il mio caro nonno, l'ha preso ed è bastata una sola settimana per portarlo via per sempre. Mio nonno era molto anziano ma non ho mai visto nessuno tanto forte come lui; ha avuto una vita lunghissimi e felicissima, ha sempre combattuto, non si faceva abbattere da niente e nessuno. Eppure alla fine ha deciso di non combattere più, si è lasciato trasportare via, come un fiore che perde petali, è caduto ed è volato via».

Sono le parole di un adolescente che racconta il suo rapporto con il Coronavirus; una delle 36 testimonianza di giovani studenti delle scuole superiori raccolte dal professor Paolo Pellicini, docente di Luino del liceo Internazionale, istituto elvetico salesiani don Bosco di Lugano e riunite in un libro intitolato "Tra 4 mura" che uscirà nei prossimi giorni e il cui ricavato verrà devoluto alla Fondazione Opera don Bosco nel mondo.

«Oggi che l'esistenza di molti è in pericolo, abbiamo riscoperto il tempo» riflette un altro studente.

«Svegliarsi nel cuore della notte con l'ansia che ti assale, sentirsi soffocare e correre fuori a prendere una boccata d'aria. Piano piano sentire che i battiti del cuore diminuiscono e tornano ad un ritmo normale.Questo mi è successo due o tre volte, soprattutto all'inizio di questi giorni di quarantena» scrive un altro adolescente.

«Sono fiero e orgoglioso di aver curato la stesura delle riflessioni dei miei alunni - commenta il professor Pellicini - si trovano paure, sentimenti, aspirazioni, progetti di una generazione richiusa forzatamente tra quattro mura di casa per circa due mesi, in attesa di un ritorno alla normalità, ma soprattutto emerge un preciso stato d'animo che collega diversi pensieri: la nostalgia delle piccole cose, della routine giornaliera, come prendere un treno, bere un caffè con un amico, abbracciare una persona cara, perfino andare a scuola». 

Matteo Fontana

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