Varese - 18 gennaio 2020, 13:00

PIETRO ANASTASI, LA MIA FIGURINA. Il vento negli scarpini e quella nuvola zigzagante nel cielo sopra Varese che volava per tutti noi

Una figurina autografata del 1968, gli occhi che guardano lontano, il volto già maturo e un mirino puntato verso la rete, le maglie pulite e cucite a mano, i palloni bianchi e neri, la voce di Ameri e Ciotti alla radio. E poi lui, Pietro Anastasi, che ora starà dribblando tutte le nuvole nel cielo del Franco Ossola

C’è una nuvola zigzagante nel cielo sopra Varese in quel lontano scatto del 1968 che ritrae Anastasi ventenne, con la maglia biancorossa del Varese, una figurina Mira che Pietruzzu autografò a mio nonno, un pomeriggio di primavera al campo d’allenamento di Giubiano. A rivederla oggi, quella nuvola, fa pensare al vento che Pietro aveva negli scarpini, alla velocità del suo dribbling in area, al suo spirito volato lontano.

Avevo otto anni e collezionavo le “figu” dei calciatori, e quella di Anastasi era tra le più ambite. Mi colpiva il suo volto già maturo e quella strana macchietta tra i due sopraccigli, che gli altri giocatori non avevano, come fosse un mirino di precisione per puntare la rete. 

Quella nuvola asimmetrica, che oggi probabilmente sarebbe stata cancellata con Photoshop, dà alla fotografia il senso della realtà, la rende vera, assieme allo sguardo di Pietro, con gli occhi che guardano lontano, già certi di un futuro da campione

Il “Franco Ossola” era il suo tempio e il nostro, un tempio di gente semplice, ancora inebriata dal sogno italiano del dopoguerra, che la domenica incollava l’orecchio alla radiolina a transitor, per sentire le voci di Ameri e Ciotti dai campi di serie A, che comprendevano anche il nostro. 

Pietro volava per tutti noi, i suoi occhi, in quella figurina, erano quelli di migliaia di persone che cercavano un riscatto, dalla fame e dalle umiliazioni, dalla povertà e dall’isolamento, ma nell’espressione c’era anche un guizzo di ironia, un bonario «in campo ve la faccio vedere io». E così fu, con la tripletta alla Juventus nella più bella partita di sempre vista a Masnago, il campo bordato di neve che rendeva più vivo il rosso delle maglie. Non sorride, Pietro in quella fotografia, ma è come se dentro di sé lo facesse, un sorriso orgoglioso, di giovane uomo consapevole del suo valore e pronto a mostrarlo ogni volta, con generosità. 

Per questo il rettangolino di carta non è una figurina ma un ritratto, che racconta in uno sguardo passato presente e futuro, lasciandoci nel cuore una infinita nostalgia per quelle maglie pulite simili a quelle cucite dalla mamma, i palloni bianchi e neri, e il cielo sopra Masnago, che a volte mandava qualche nuvola dispettosa. Pietro le dribblava tutte, e allora il sorriso si apriva, luminoso, assieme alla certezza di avercela fatta.

Mario Chiodetti