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| 16 gennaio 2020, 15:26

Le aziende della moda vogliono (e non possono) assumere 48.000 addetti

Il sistema moda italiano ha lanciato da tempo un allarme in merito alle evidenti difficoltà di reperimento sul mercato del lavoro delle professionalità tipiche di un comparto che, con i suoi 95 miliardi di fatturato annuo, in gran parte esportati, rappresenta una delle colonne portanti del made in Italy

Le aziende della moda vogliono (e non possono) assumere 48.000 addetti

Il sistema moda italiano ha lanciato, ormai da tempo, un allarme in merito alle sempre più evidenti difficoltà di reperimento sul mercato del lavoro delle professionalità tipiche di un comparto che, con i suoi 95 miliardi di fatturato annuo, in gran parte esportati, rappresenta una delle colonne portanti del made in Italy. Preoccupazione emersa anche durante l’ultima riunione del Consiglio del gruppo merceologico tessile-abbigliamento dell’UNIVA. Sono 48.000 le assunzioni previste nel settore moda allargato (comprensivo di accessori, occhiali, gioielli, concia) nei prossimi 4 anni: difficilmente queste posizioni potranno essere interamente coperte da studenti che oggi frequentano scuole tecniche e professionali, di fronte ai livelli attuali di iscrizione. Ma ancor più del dato quantitativo preoccupa la qualità dell’offerta formativa che il sistema di istruzione e formazione nazionale sarà in grado di fornire al sistema produttivo.

 

Sistema Moda Italia (SMI), in collaborazione con il centro di ricerca e consulenza PTSCLAS di Milano e il finanziamento di Fondirigenti, ha realizzato una indagine nazionale sui fabbisogni professionali delle imprese del settore tessile-abbigliamento-moda. La ricerca, che ha coinvolto un campione di 300 imprese del settore moda, di tutte le dimensioni e di tutti i comparti produttivi sparse sul territorio nazionale, ha chiesto alle aziende di esprimersi sui profili professionali ritenuti più importanti e critici da reperire per il presente e per il futuro prossimo.

 

A risultare maggiormente ricercati sono: per quanto riguarda l’area manageriale, le figure di responsabile di produzione, responsabile commerciale e marketing, responsabile stile e prodotto, responsabile IT; per l’area tecnica il modellista, disegnatore industriale (tessile e fashion), tecnico del controllo del prodotto finito, specialista e-commerce; per l’area operativa, l’addetto alla produzione nobilitazione e stampa tessuto (finissaggio), addetto alla produzione (tessitura), addetto alla produzione (tintura tessile), prototipista.

 

Una fotografia, quella scattata da SMI, che coinvolge direttamente la provincia di Varese, tra i principali distretti produttivi del settore a livello nazionale. Con quasi 1.500 unità locali e 12.300 addetti (dati ISTAT 2017, ultimi disponibili) il tessile–abbigliamento e pelletteria occupa il 14% degli addetti manifatturieri varesini, impiegando il 3% dei lavoratori italiani del settore. Varese si classifica come 9^ provincia in Italia per unità locali e addetti e vanta una filiera che ha le sue radici in oltre 100 anni di storia, durante i quali ha subito profonde trasformazioni, riuscendo a coniugare tradizione e tecnologie all’avanguardia. Varese è inoltre una delle poche province del Paese che sul territorio ha mantenuto l’intera filiera produttiva, dal filato al prodotto finito. Ciò permette al tessile varesino di generare annualmente 968 milioni di euro di export (dati ISTAT 2018), pari al 2% dell’export che il settore genera a livello nazionale, il che rende Varese la 14° provincia in Italia per esportazioni. I principali mercati di sbocco sono Francia, Germania, Svizzera, Spagna ed Hong Kong.

 

Evoluzione e nuove professioni

 

“La formazione nel futuro del nostro settore deve riuscire a coniugare la cosiddetta ‘arte dei nostri vecchi mestieri’, elemento sostanziale del successo del made in Italy nel mondo, con l’evoluzione sempre più veloce dello scenario digitale. La sfida è appassionante, decisamente accattivante per i nostri giovani, che saranno artefici del loro futuro, in base alle scelte fuori dagli schemi che faranno. Le nuove esigenze professionali – dice Marino Vago, presidente di SMI -  che si stanno delineando, tenendo presente le necessità legate alla sostenibilità di materiali e processi, aprono la strada a nuove professionalità. Gli specialisti di domani dovranno saper dare risposte a nuove richieste in ambito di prodotti e processi legati all’utilizzo di materie prime sostenibili e seconde, provenienti da fonti tracciate. Quindi le potenzialità di professionisti sempre più specializzati sono infinite ed ancora tutte da codificare”.

 

Puntare tutto sugli ITS

 

“In un paese altamente manifatturiero come l’Italia, l’investimento nella formazione tecnica costituisce un fattore fondamentale di consolidamento delle competenze e contribuisce ad offrire opportunità di lavoro qualificato ai giovani. Dalla ricerca di SMI – precisa Roberto Grassi, presidente UNIVA - possiamo trarre importanti stimoli per la nostra attività di sostegno alla formazione dei ragazzi, asset strategico per le imprese che stanno investendo, come sta facendo la stessa Unione Industriali, negli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori di specializzazione post-diploma di maturità. Faccio solo un esempio: l’ITS Cosmo al quale partecipano aziende del nostro territorio vanta tassi di occupabilità degli studenti al termine del corso di studio che vanno dal 70 al 90% a seconda della specializzazione”.

 

Un’opportunità per i giovani

 

“Stando alle previsioni, nel settore Tessile-Abbigliamento in provincia di Varese (dati Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior), 1 persona su 10 che verrà assunta nell’industria varesina (tra novembre 2019 e gennaio 2020) sarà occupata in questo comparto, parliamo di un’aspettativa di 560 avviamenti al lavoro. Dati non stratosferici, ma che danno comunque l’idea di un settore ancora vivo: in altre parole, l’industria tessile e dell’abbigliamento – rincara la dose Piero Sandroni, presidente del gruppo merceologico tessile-abbigliamento dell’UNIVA -  può ancora rappresentare, e rappresenterà nel prossimo futuro, un’opportunità di lavoro per i giovani. Perché nonostante la crisi degli scorsi anni, molte imprese non solo sono sopravvissute, ma in molti casi sono cresciute e lo stanno ancora facendo. Imprese, spesso storiche, che tra non molto si troveranno di fronte alla sfida di un ricambio generazionale della propria forza lavoro, ad ogni livello: dal tecnico al manager”.

 

 

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