La Lombardia compirà dal primo gennaio 2020 un enorme passo avanti nella lotta al randagismo felino. Sarà la prima regione ad introdurre l’obbligo di chippare anche i gatti.
La norma è contenuta nel Piano regionale integrato della sanità pubblica veterinaria 2019-2023. Per i cani è diventato obbligatorio dal 2005 e ora la Lombardia sta sperimentando la sua applicazione anche per i felini. Il microchip però non sarà necessario per tutti i gatti, ma solo per quelli appena nati e quelli che sono stati appena adottati o comprati.
L’impianto può essere fatto solo da un veterinario. Non serve nemmeno l’anestesia, basta una siringa speciale che inserisce il microchip direttamente sotto la pelle. Il costo, di solito, si aggira tra i 30 e i 50 euro.
Il microchip funziona con una tecnologia chiamata RFID, Radio-frequency identification. È una sistema che si definisce “passivo": non emette alcun segnale ma risponde solo alle frequenze radio emesse dallo scanner usato per identificarlo. Una volta che passa sotto il lettore, di solito in dotazione ai veterinari o alle forze dell’ordine, il chip restituisce un codice numerico che poi può essere associato direttamente al profilo dell’animale. Fondamentale quindi per risalire ai proprietari quando un gatto viene smarrito e ritrovato.
In questo modo, come è stato per i cani, si potrà anche costruire un’anagrafe felina davvero efficace. Più difficile sarà invece controllare il rispetto della norma. Gioiscono comunque le associazioni che si occupano dei mici, ma chiedono un passo in avanti: la sterilizzazione obbligatoria anche per chi non adotta un gatto in modo ufficiale, passando per le associazioni.