Economia - 31 marzo 2020, 18:15

Coronavirus. I numeri dell'epidemia che davvero contano secondo un'analisi della Liuc

Il Centro di Economia e Management dell'università di Castellanza ha effettuato un'indagine sui dati relativi all'emergenza Covid-19 e sull'utilità o meno delle informazioni che giornalmente vengono fornite all'opinione pubblica.

Coronavirus. I numeri dell'epidemia che davvero contano secondo un'analisi della Liuc

Tempo di Coronavirus, tempo di dati. I numeri sono i grandi protagonisti di questa tragedia, dai nuovi casi ai guariti, fino purtroppo ai deceduti. Ma come vanno letti i dati che ci vengono forniti? Perché è così importante conoscere i nuovi contagi giorno per giorno? Quanti sono realmente gli affetti da COVID-19? Il rischio di contagio è in aumento oppure in diminuzione? E soprattutto: ha senso continuare a fornire queste informazioni?  

A queste domande rispondono Lucrezia Ferrario, Emanuela Foglia ed Emanuele Porazzi del Centro su Economia e Management in Sanità e nel Sociale della LIUC Business School.  

«La prima informazione che ci viene fornita – spiegano i ricercatori del Centro - è quella legata alle infezioni in corso (contagiati a casa in isolamento domiciliare e pazienti che si trovano in ospedale in terapia intensiva o non in terapia intensiva), poi viene reso pubblico il dato relativo alle nuove guarigioni, e parallelamente ai nuovi decessi, per poi, a livello generale, fornire il numero totale dei contagi. I dati hanno un aggiornamento quotidiano, con una correlata variazione dei numeri assoluti, oltre a delle sensibili differenze interregionali».  

Se in questo momento il totale dei contagi ossia la prevalenza della patologia non fornisce alcun valore aggiunto per la presa di decisioni o per la stima dell’andamento della patologia stessa, occorre focalizzare l’attenzione sull’incidenza dei nuovi contagi, che misura il numero di nuovi casi COVID-19 nel tempo e dunque il rischio che ha un individuo di contrarre la malattia in quel periodo di tempo.  

«In linea generale infatti – continuano i ricercatori - è proprio il dato dei positivi a destare maggiore interesse e rilevanza. Conoscere il numero delle infezioni in corso, infatti, consente di comprendere quante persone sono in grado di veicolare il virus, con un accento particolare su coloro i quali necessitano di assistenza ospedaliera più o meno invasiva, così come le persone da cercare di isolare obbligatoriamente, per evitare nuovi contagi.  Tra le informazioni relative alle nuove infezioni, è particolarmente rilevante poter reperire il dato relativo al numero di persone che necessitano di terapia intensiva, a causa proprio della criticità sempre più forte nel gestire questa tipologia di servizio all’interno delle terapie intensive degli ospedali italiani e della pressione che questo tipo di cure ha sul sistema sanitario».  

Arriviamo poi alla domanda più frequente di questa fase ossia quella relativa alla possibilità di un rallentamento dei contagi, per rispondere alla quale (o almeno provare a farlo) è necessario partire dalla lettura del trend che può fornire la rappresentazione della curva, con particolare riguardo alla “pendenza” della curva stessa, fattore che suggerisce il grado di penetrazione del contagio.  

«Altro dato di grande interesse, ma di difficile comprensione e lettura – spiegano dal Centro -  è quello sulla letalità della patologia, ossia il rapporto tra il numero totale di deceduti e il numero totale di soggetti contagiati, con particolare riguardo al confronto della stessa in differenti nazioni del mondo. Ma è realmente significativo e corretto questo tasso di letalità? La risposta è che si tratta di un valore eccessivamente sovrastimato, in quanto è proprio il denominatore del tasso il dato più differente per misurazione all’interno delle differenti popolazioni europee e mondiali, quello che rende il tasso stesso poco confrontabile da realtà a realtà. Il motivo? Le policy che sono state attuate per l’effettuazione dei tamponi. Si è passati infatti da un ricorso estensivo al test nella prima fase del contagio, all’effettuazione solo in caso di sintomatologia grave e clinicamente evidente, per poi passare nuovamente al ricorso al tampone anche in caso di uno solo dei sintomi, aumentando quindi, ulteriormente il numero dei potenziali contagiati. Sulla scorta di quanto sopra, sappiamo che il numero delle infezioni è molto più alto rispetto a quello effettivamente registrato, poiché molti cittadini si trovano in isolamento domestico, con la sola diagnosi clinica, ma senza essere stati sottoposti a tampone di verifica. Tuttavia, sapere oggi quanti individui positivi al COVID-19 arrivano oggi in ospedale è comunque prezioso per comprendere la necessità di nuovi investimenti da mettere in campo e per il soddisfacimento del bisogno di salute dell’assistito».

Stiamo dando i numeri, dunque? La conoscenza dei numeri è in realtà un valido aiuto e fornisce un’idea generale, in attesa di uno studio epidemiologico che permetta di pianificare come sarà necessario agire una volta che il distanziamento sociale sarà concluso.

 

Redazione

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