Busto Arsizio - 30 marzo 2020, 10:02

Quell'orgoglio albanese che tutti noi in provincia di Varese conosciamo: chi viene da lontano, a volte ti è più vicino

Il gesto del Premier Edi Rama, che ci saremmo aspettati anche da altri, più ricchi e smemorati, rispecchia i rapporti della comunità albanese con i cittadini della nostra provincia. L'esempio di una giovane donna arrivata vent'anni fa a Busto: ne ha fatta di strada, ma non dimentica chi l'aiutò

Quell'orgoglio albanese che tutti noi in provincia di Varese conosciamo: chi viene da lontano, a volte ti è più vicino

Ciascuno di noi ha riguardato e assaporato ogni parola del video del premier albanese (leggi e vedi QUI), mentre spiega l’aiuto del suo Paese nell’emergenza Coronavirus. Edi Rama ha compiuto il gesto che ci saremmo aspettati (anche) da altri, più ricchi e smemorati. Quanto ha detto ci fa viaggiare negli ultimi trent’anni, tra emozioni e azioni – sincronizzate come raramente è accaduto – nel nostro territorio.  A me personalmente fa venire in mente una donna albanese, dal cuore immenso.

In molti di noi quel 1991 che ha significato l’avvio dell’esodo albanese con barche e gommoni, è rimasto impresso. Saremmo ipocriti se dicessimo che tutto è andato bene da subito, che siamo stati tutti bravi e ospitali e negli anni difficoltà e pregiudizi non sono mancati. Ma la solidarietà, specialmente quelle che ha prodotto fatti e non rumore, ha avuto la meglio.

C’è un filo sottile che unisce tra l’altro l’accoglienza nella nostra provincia e l’emergenza Coronavirus. Lo afferriamo vicino all’ospedale di Busto Arsizio, dove oggi la Casa di ospitalità Don Lolo (dedicata dunque alla memoria di don Isidoro Meschi), nata in viale Stelvio per dare sollievo ai parenti dei ricoverati, adesso si è aperta al personale sanitario che viene da lontano.  E la parrocchia di San Giuseppe si sta prodigando in tanti modi per i malati. 

Quando ci fu lo sbarco di 27mila albanesi sulle coste della Puglia, il Nord fu chiamato e rispose. Anche il Varesotto, appunto, con le amministrazioni che studiarono come dare assistenza. A Busto proprio in viale Stelvio furono accolte delle famiglie da questo Paese. Fragili e spaesate: ricordo le visite di un ispettore – Bernardo Spoto – che andava a trovarle, a spiegare con pazienza anche abitudini nostre che potevano suonare estranee. Ricordo anche il televisore spesso acceso, uno schermo su cui scorreva quell’Italia che avevano sognato, probabilmente più lusinghiera della realtà di primo acchito.

La comunità albanese è diventata una delle più rappresentative della nostra zona, operai e imprenditori, perché tra quei ragazzi sul gommone c’è anche chi si è fatto strada

Ci stupisce il gesto dell’Albania, il discorso di Edi Rama? A ben pensarci no

Mi viene in mente una giovane donna albanese. Lei svolgeva una professione umile e se la cavava orgogliosamente da sola. Ebbe una difficoltà e non sapeva a chi rivolgersi, così le feci conoscere un ispettore di polizia che fu meraviglioso nell’aiutarla. Pochi giorni dopo, la vidi arrivare con due borse gonfie dal supermercato: aveva comprato tutti i dolci che poteva e me li aveva portati per ringraziare.

«Ma no – le dissi, commossa – io non ho fatto niente e poi non spendere così i tuoi soldi, guadagnati con fatica».

Lei mi guardò con un orgoglio da regina, da premier mi verrebbe da dire dopo il video di queste ore. E aggiungo un particolare: sono trascorsi più di vent’anni, ma ogni Natale, ogni Pasqua sul mio cellulare lampeggia puntuale un messaggio suo: «Auguri, tesoro».

Ecco perché forse non mi sono stupita del gesto dell’Albania, e come me tanti varesini lo sanno: che chi viene da lontano, a volte ti è più vicino. Specialmente quando aveva le mani vuote e anche adesso non sa sempre come cavarsela: ma sa con certezza che deve aiutare te.

Marilena Lualdi

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